PROGETTO MEMORIA


Creiamo un nuovo spazio all'interno del sito del circolo Pertini, dedicato al "Progetto memoria", impegno che viene da lontano e precisamente dal mondo della scuola; un piano culturale fatto proprio dalla nostra associazione per tentare, magari insieme ad altri enti, di creare un vero e proprio "Museo della memoria", o "Museo della gente", fatto di testimonianze di persone in grado di dare un contributo alla ricostruzione, in modo diretto, della storia locale di questi ultimi decenni. L'iniziativa sorse nella scuola media Pascoli alcuni anni fa e diversi studenti coinvolsero parenti, nonni, zii, genitori. Li intervistarono e produssero documenti di sicuro interesse e valore didattico e sociale. Certi testimoni del tempo furono convocati nella scuola come il pretore Della Valle, Taddeo Taddei Castelli, Mario Castells, Giuliana Forensi e altri.

Invitiamo chiunque a contribuire inviandoci la propria storia, la propria testimonianza e potremo qui fare un'ampia raccolta di questi documenti che possono essere colmi di scritti, immagini, foto e altro. Puntiamo anche realizzare un Cd conseguente che distribuiremo e una pubblicazione. Iniziamo col rendere noto il lavoro di Violetta Amore, forse uno dei lavori di maggior valore. Chi avrà avuto la bontà di leggere questo affascinante documento di 32 pagine, è pregato di inviare un commento.


Fonte:

www.regione.toscana.it/memorie_del_900/eccidi_nazifascisti/doc_fonti/rappresaglie/1943.shtml -

Comune di Portoferraio: 16 settembre 1943

La mattina del 15 settembre 1943 parlamentari germanici giungono a Portoferraio ed intimano la resa al Comando Piazza Italiano, ma essa viene energicamente respinta.

Durante le lunghe trattative condotte dai germanici, squadriglie di aerei con la croce uncinata sorvolano Portoferraio a bassa quota, nel tentativo, forse, di impaurire la cittadinanza.
I "parlamentari", fallite le insistenze per ottenere la resa della Città, sono ritornati a Piombino, già saldamente in loro mani e tutto sembra tranquillo.

Improvviso il rombo di aerei in avvicinamento, ma le sirene d'allarme aereo non vengono azionate. Sette aeroplani tedeschi da bombardamento piombano su Portoferraio e colpiscono il centro della Città con bombe da 500 kg. e da una tonnellata...

In poco più di un attimo Portoferraio è ridotta in macerie con un incalcolabile numero di morti, di feriti, di mutilati.

Assieme alle bombe i nazisti criminali gettano sulla Città migliaia di manifestini, minacciando bombardamenti a tappeto se non sarà avanzata domanda di resa.
E viene subito innalzata "bandiera bianca": anche Portoferraio diviene "terra di conquista"del brutale invasore. Ma quanti sono i Martiri di quel criminale bombardamento? Non lo sapremo mai, poiché molti corpi umani, centrati in pieno, vennero polverizzati, moltissimi, lanciati in mare dallo spostamento d'aria, scomparvero nei flutti.

I nomi dei Martiri accertati (elenco incompleto):

Cognome

Nome

Età (anni)

Allori

Pilade

43

Bellini

Ines

35

Cappelletti

Luciano

30

Caramonte

Antonio

26

Ceccotto

Gino

32

Cioni

Anna

19

Cioni

Ida

55

Cioni

Norma

32

Cuzzocrea

Giovanni

29

Bi Biagio

Lorenzo

23

Diversi

Elbano

38

Gabbiani

Elvio

45

Gattoli

Mario

27

Gentilini

Giuseppe

33

Gnassi

Antonio

51

Imparata

Teresa

67

Manfredini

Francesco

67

Mannocci

Giuseppe

67

Magagni

Luciano

20

Mibelli

Evaristo

76

Mibelli

Luigina

20

Martellacci

Ivo

17

Laghi

Augusto

69

Lupi

Francesco

25

Olivieri

Giorgio

80

Pacini

Enea

52

Pacino

Paolo

20

Pagnini

Lorenzo

72

Paolini

Domenico

51

Pucci

Silvio

43

Romagnoli

Elbano

36

Rossetti

Augusto

65

Sanna

Raffaello

45

Vanni

Pietro

47

Zuccotti

Silvio

39

Questo elenco contiene anche i nomi dei feriti nel bombardamento del 16 settembre 1943, deceduti presso gli Ospedali della zona, nello stesso giorno, oppure nei giorni successivi.

 

"Estratto" da articolo pubblicato da "Il Popolo Elbano" del 19 dicembre 1945

QUESTA LA COMUNICAZIONE FATTA PERVENIRE SULL’ISOLA DAI TEDESCHI

Ufficiali e soldati sull'Isola d'Elba!

Il governo traditore Badoglio ha abbandonato sia voi che l'Italia dopo di avere portato infinita disgrazia sulla vostra Patria. Non vi è più alcun governo legale in Italia!

Naturalmente è mancato l'aiuto assicurato da parte degli anglo-americani, poiché a tradimento fallito nessuno vuole più avere da fare con dei traditori.

Tutti i vostri camerati sul continente si sono staccati dai traditori ed hanno deposto le armi. Anche la vostra resistenza è priva di senso!

Pertanto il Comandante Superiore Germanico invita il Comandante dell'Isola d'Elba per l'ultima volta, di inviare un ufficiale autorizzato entro le ore 16,00 a Piombino (Comando Presidio) per le trattative sulla resa incondizionata. Fino da ora viene severamente proibito di distruggere armi, automezzi, navi, ecc.; questi sono da consegnarsi intatti.

Qualora il parlamentario non fosse giunto all'ora fissata continueranno i bombardamenti più massicci fino a vostro completo annientamento.

Ognuno però, che continua a combattere, specialmente i comandanti responsabili, sarà trattato da franco tiratore e verrà fucilato.

 

IL COMANDANTE SUPERIORE DELLE TRUPPE GERMANICHE

Manifestino lanciato dagli aerei tedeschi durante il bombardamento del 16 settembre 1943

 

 

 

Tra le navi alla fonda c'era una corvetta che doveva essere affondata perché colpita ad una caldaia. La popolazione, venuta a conoscenza del fatto, si riversò in massa alla banchina della Punta del Gallo protestando al grido di "morte ai tedeschi" - "viva l'Italia" contro l'ordine di affondamento. La nave non doveva essere affondata - si diceva - perché i cannoni sarebbero...... * (N.d.r. Testo incompleto perché non è stato possibile reperire l'originale.) convincere le Autorità ad utilizzare la propria corvetta per la difesa.

Non dovette però essere riuscito nel suo intento.

Si seppe poi che dopo essere tornato a bordo il generoso ufficiale riuscì a portare in Corsica la propria nave.

Incertezze e contrasti fra gli ufficiali non mancavano del resto anche nelle caserme. All'autocentro di Albereto (nel versante occidentale dell'isola), il ten. Bonvini insieme ai soldati si dichiarava deciso a combattere contro i tedeschi.

Ad un ordine di adunata, impartito dallo stesso ufficiale, i militari risposero all'appello e confermarono la loro decisa volontà di non arrendersi e di combattere fino all'ultimo proiettile.

Gli episodi che abbiamo riferito ci offrono un quadro abbastanza preciso della situazione: da una parte il popolo con i marinai, i soldati e gli ufficiali antifascisti fermamente decisi a difendersi con le armi in pugno, pronti a prender parte con coraggio ed energia alla lotta contro i nazisti; dall'altra alcuni alti ufficiali incerti e titubanti.

Appena partite per Malta le unità navali, la cui presenza aveva spinto il Comando dell'isola ad assumere un più deciso atteggiamento (nel pomeriggio era, infatti, avvenuto l'arresto dei tedeschi), ci si dette premura di liberare i nazisti. Questi, d'altra parte, venuti forse a conoscenza della situazione, non si fecero attendere.

La mattina del giorno 15 alcuni ufficiali tedeschi provenienti da Piombino, con bandiera bianca, in veste di parlamentari, ebbero un colloquio con il comandante della piazzaforte, mentre i loro apparecchi sorvolavano indisturbati i tetti della città, e la popolazione vivamente preoccupata non si allontanava dai pressi del Comando marina, continuando a chiedere le armi per combattere, nonostante la presenza di picchetti armati.

Che cosa si dissero il generale Giraldi e i parlamentari? Che cosa si stabilì? Il generale sostenne di aver confermato la sua fedeltà al re e al governo di Brindisi, riferendo anche i sentimenti ostili ai tedeschi del popolo di Portoferraio e l'incontro avuto con il Comitato di Resistenza.

Secondo la sua versione i tedeschi si limitarono a prendere atto delle dichiarazioni, senza alcun commento.

Il colloquio rimane avvolto nel mistero. E' certo però che fin dalle prime ore del giorno 16, quando il commissario dott. Broccardi, su richiesta del Comitato di Resistenza, a nome della cittadinanza, si recò per due volte al Comando per conoscere nei particolari l'esito del colloquio, non trovò nessuno.

Alle 11,20 nel cielo luminoso di Portoferraio apparvero 7 grossi apparecchi tedeschi da bombardamento. La popolazione non ebbe alcun avviso, eccetto quello delle sirene di allarme che fischiarono quando già cadevano le prime bombe.

Nel fermento di quei giorni il popolo rimaneva per molte ore nella piazza dietro il porto e lungo il molo per discutere, per meglio far sentire la sua vigilante presenza.

Marinai e soldati erano in gran parte ai loro posti di servizio; alcuni reparti, davanti ai magazzini della darsena; attendevano la distribuzione di viveri e di indumenti.

Grappoli di bombe caddero sui comandi e sulle caserme, nelle piazze e nelle strade, fra le urla dei feriti e il rantolo dei moribondi, seminando la strage in una popolazione inerme e sprovveduta. Quanti furono i morti? Duecento, trecento? È difficile precisarlo; a Portoferraio c'erano diversi forestieri e alcuni cadaveri scomparvero per sempre nel profondo del mare. Alcune batterie contraeree aprirono il fuoco, altre no. Una fu centrata in pieno.

Gli apparecchi si allontanarono con la stessa rapidità con la quale erano piombati sull'isola, lasciando una città ridotta in un cumulo di macerie, mentre i superstiti inebetiti dallo spavento cercavano disperatamente i loro cari.

Con le bombe erano caduti migliaia di manifestini invitanti alla resa incondizionata.

"Tutti i vostri camerati sul continente si sono staccati dai traditori ed hanno deposto le armi. Anche la vostra resistenza è priva di senso", annunciava agli ufficiali e soldati italiani il comando superiore delle truppe germaniche. " Se entro le ore 16 - concludeva il manifestino - un ufficiale autorizzato non si presenterà a Piombino per le trattative sulla resa incondizionata, continueranno i bombardamenti più massicci fino al vostro completo annientamento ".

Era l'ultimatum, nella forma più selvaggia e più vile, diretto non solo ai militari, ma soprattutto alla popolazione. Il bombardamento era stato, infatti, operato a scopo terroristico: colpire a tradimento, perché lo spavento fosse maggiore, perché il popolo indifeso e costretto a fuggire dalla città non potesse far sentire la sua voce, perché i comandi militari, sotto la spinta degli antifascisti e dei patrioti, non potessero impugnare le armi e combattere, ostacolando così il piano di ritirata dalla Corsica, per la cui attuazione l'Elba costituiva appunto un indispensabile punto d'appoggio.

E i nazisti riuscirono nel loro intento: le Autorità militari si affrettarono a decidere la resa, quasi tutto il popolo abbandonò la città cercando disperatamente rifugio nelle campagne.

Prima di allora Portoferraio non era mai stata bombardata. Nella città vennero a mancare l'acqua e la luce; le difficoltà per curare i feriti si presentarono subito assai gravi; i pochi antifascisti rimasti (alcuni di essi erano morti sotto il bombardamento) si trovarono isolati e, pur non volendo rinunciate a combattere, dovettero preoccuparsi di far allontanare le donne e i bambini dalla città. Alle quindici (dopo una breve riunione di tutti i comandanti delle truppe), un ufficiale partiva per Piombino per consegnate l'isola ai nazisti. Il giorno dopo paracadutisti tedeschi (nonostante la resa, gli invasori non si dovevano sentire troppo sicuri) si lanciavano sull'isola prendendone saldo possesso. Si chiudeva così, fra l'amaro disinganno del popolo e il cocente dolore degli antifascisti, un'altra dolorosa pagina della storia di quel [parola illeggibile] settembre.

La resistenza ai tedeschi da parte del popolo continuerà; anche sotto il tallone nazista gli antifascisti elbani troveranno la forza di riorganizzarsi e di difendersi, riscattando con il loro sacrificio la dignità del nostro

CIRCOLO CULTURALE SANDRO PERTINI dell’isola d’Elba Presidente onoraria Diomira Pertini

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