Barbiana, "La Scuola sarà sempre meglio della merda"
"Al tornitore non si permette di consegnare solo i pezzi che son riusciti. Altrimenti non farebbe nulla per farli i riuscire tutti. Voi invece sapete di poter scartare i pezzi a vostro piacimento. Perciò vi contentate di controllare quello che riesce da sé per cause estranee alla scuola". Un pezzo tratto da "Lettera a una professoressa", che nel 1967 dette una discreta frustata al mondo scolastico delle bocciature. Altri concetti tratti dal libro scritto da Don Milani insieme ai suoi allevi montanari di Barbiana, più avanti; ed anche il titolo è una frase detta da uno dei giovani del Mugello, la disse riflettendo che se andava a scuola dal prete, almeno non sarebbe stato in mezzo alle sue 36 mucche che regalavano spesso potenti "profumi".
Non servirà a niente ma vale la pena di ritrattare, come avviene quasi ogni anno, l'argomento bocciature, innescato dal nostro neuropsichiatra infantile Claudio Coscarella http://www.elbareport.it/arte-cultura/item/5267-scuola-media-ancora-bocciati
E' vero, il tema poco interessa, ai più va bene che esista una discreta selezione a scuola che poi coincide con quella sancita dalla vita, con le varie classi sociali. In genere la colpa è dei governanti che non sanno o non vogliono dare alla scuola un ruolo centrale, come invece fanno in Finlandia, ad esempio (vedasi nota in fondo).
Pochi hanno provato a fare qualcosa di diverso, a parte don Milani di cui dicevo, che ha voluto dare il potere del sapere ai suoi ragazzi. L'isola conferma la sua "maglia rosa" nella provincia, avendo la mano più pesante in fatto di selezione.
Ma che scuola vogliamo? Una scuola che promuove chi ce la fa e basta, o che dovrebbe riuscire a portare avanti anche chi non ha un apprendimento facile per svariati motivi. C'è anche chi vuole (o vorrebbe) far apprendere a tutti gli studenti, mete cognitive di base valide, sognando di attuare ciò che dice la Costituzione all'art.3: "lo stato deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana".
Quando si darà attuazione a tale stupendo principio? Nel 4000? Forse vista la natura umana è più sensato dire mai.
La scuola fa fronte ad una grande mole di lavoro (con stipendi e orari inadeguati) nel tentativo di far crescere i ragazzi ma non riesce a creare seri criteri di valutazione unici e strategie didattiche in grado di recuperare chi va male.
A Barbiana studiavano tutto il giorno, anche la domenica. Irripetibile.
Ha detto molto bene Claudio nel suo intervento su Elbareport: ogni insegnante generalmente giudica con la sua testa e non con un criterio adottato dalla scuola, o meglio da tutte le scuole; non si può valutare con tecniche diverse ad ogni latitudine.
La libertà i docenti non possono averla nei metri di valutazione, la devono avere nei modi di insegnare nell'ambito di altrettanto ferrei obiettivi da raggiungere.
Nei miei 36 anni di servizio nella scuola non sono riuscito a vedere tale unità di valutazione, nonostante siano stati fatti diversi tentativi.
Facilissimo, come ho fatto prima, tirare in ballo don Milani, sul tema della bocciatura, probabilmente il maggiore oppositore della scuola che "elimina" i ragazzi svogliati.
Facciamo una cosa scontata, riportiamo qui di seguito certi suoi concetti.
"La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde. La vostra 'scuola dell'obbligo' ne perde per strada 462.000 l'anno (1960 e dintorni ndr). A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi insegnanti, che li perdete e non tornate a cercarli. Voi dite d'aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. È più facile che i dispettosi siate voi".
La scuola che non riesce a garantire gli apprendimenti a chi è in difficoltà, per non dire poi dei ragazzi effettivamente svantaggiati certificati che sono inseriti nelle classi.
Io, come mi sono trovato a dire con altri interventi di questo tipo, negli oltre trent'anni di lavoro non ho mai visto un caso di un bocciato, profittare, recuperare, migliorare nel ripetere l'anno. I ragazzi che non ce la fanno vanno dotati di strumenti diversi per farli stare almeno subito dietro chi è bravo per natura o per condizione sociale. Quelli che sono bravi lo sono indipendentemente dall'azione dell'insegnante, sono dotati e basta e magari sono ben seguiti dai genitori.
Troppo lungo il discorso ma si può concludere che passano gli anni e l'ingiustizia si perpetua.
Non può un paese democratico e civile, permettere che migliaia di ragazzi abbandonino le scuole o che non apprendano le basi del sapere, e che nessuno sappia trovare un rimedio.
È vero non si può essere tutti ingegneri, ma nemmeno si deve far giungere alle scuole superiori o alla vita, persone che non capiscono bene ciò che leggono o altre deficienze del genere.
Sempre Don Milani, disse "La scuola è come un ospedale che non sa curare i suoi malati".
Soluzioni? Fare come la Finlandia. Investire molto nella scuola per dare di più a tutti.
Nota statistica
Secondo i dati Ocse il 13% dei ragazzi di 15 anni è stato bocciato almeno una volta a scuola: il 7% alle elementari, il 6% alle medie. Sempre secondo l'Ocse le bocciature possono avere effetti negativi sia nei giovani che nelle spese sostenute dal governo: "Il ritardo di un anno a entrare nel mondo del lavoro, infatti, comporta un aggravio al sistema economico di una nazione". Ogni bocciatura costa in media tra 10.000 e 15.000 dollari all'anno allo Stato (in Italia si parla di circa 8.000 euro).
Guardando al di là della siepe Italia scopriamo che in Germania, Inghilterra, Austria e Portogallo non si boccia i primi anni del percorso scolastico; in Estonia, Lituania e Lettonia si danno compiti
supplementari nelle materie in cui si è carenti.
In Finlandia la differenza tra il livello di preparazione degli studenti meno bravi e quello dei più bravi è la più bassa al mondo (ndr, come mai? E' il paese che dedica il 7% del PIL all'istruzione e vanta il miglior sistema scolastico al mondo).
In Italia si spende l'1,1% del Pi nel 2011 (fonte La Repubblica)
promossi - bocciati 2102 in Italia alle superiori in media
Liceo classico 94.1% 5.9%
Liceo scientifico 92.3% 7.7%
Liceo linguistico 90.1% 9.9%
Liceo sc. Umane 88.1% 11.9%
Liceo artistico 85.4% 14.6%
Ist. tecnico tecnologico 80% 20%
Ist. tecnico economico 82.8% 17.2%
Ist- professionale 76.6% 23.4%
IL PRIMO INTRVENTO CHE HA MOSSO LE ACQUE
Il Neuropsichiatra infatile Claudio Coscarella in un intervento critico nei confronti dell'alto numero di bocciature presso le scuole medie elbane
I BOCCIATI
Il duo ministeriale Fioroni e Maristella non avrebbero fatto mancare apprezzamenti verso la scuola media di Marina di Campo e di Portoferraio (prime classi) -Finalmente percentuali di bocciature a due cifre!- avrebbero esclamato con soddisfazione.
Il duo ministeriale Fioroni e Maristella della scuola seria, del ritorno al voto numerico, dei rimandati e dei ripetenti, dei precari, dell'Italia fra gli ultimi posti per popolazione diplomata (media OCSE), dovrebbero essere fieri di questi attuali risultati della scuola media.
Proprio loro che spesso pubblicamente avevano espresso il loro autorevole biasimo verso questo ciclo di studi che rimane atipico in rapporto ai paesi europei confinanti.
Da circa 30 anni non si riesce ad abbattere il 30% di insuccessi formativi ed abbandono nella scuola superiore italiana e la causa affonda le sue radici nella scuola media e nella dilagante (in)cultura del voto numerico.
Mi domando quale differenza fra il voto 7 ed 8, il 9 ed il 10, oppure essere sospesi nel giudizio con 4 o 5? L'unica differenza possibile è nella testa del docente-valutatore, in colpevole assenza (o comunque misconosciuto) del regolamento di istituto che dovrebbe dare con chiarezza le linee di indirizzo per la valutazione di tutti gli studenti a prescindere dalla classe e dalla sezione.
Questo regolamento dovrebbe essere parte integrante del Piano dell'Offerta formativa (POF) di ogni scuola ed opportuamente divulgato fra alunni e genitori, mentre è¨ esperienza di tante famiglie che ogni docente, all'interno della stessa scuola, segue il suo metodo in totale autoreferenza e bizzarria stilistica.
Chi è per la media aritmetica dei voti delle verifiche e chi per la lotteria della super verifica finale che conta più di tutte le precedenti, quello/a del due in registro e del sei meno, meno ed ancora meno. Tutto questo se non un pensiero nano rappresenta una palese violazione normativa.
I bocciati delle scuole medie sono ragazzi di solito poco studiosi ed anche inclini a violare le regole della disciplina scolastica.
La maggior parte degli alunni non-ammessi vive in situazioni di "disagio socio-culturale", misconosciuto dai docenti; al malessere sociale la scuola somma (spesso con logiche pseudo-pedagogiche di tipo punitivo...) un ulteriore negligente malessere istituzionale.
I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES)
Non voglio entrare nel dettaglio di singole situazioni di insuccesso scolastico e formativo, ma in una visione generale del problema vorrei fare l'elenco delle probabili violazioni perpetuate dalla scuola, in assoluta arroganza (oppure ignoranza?) istituzionale, nella maggior parte delle situazioni di bocciatura accadute quest'anno:
L. 104/92 e successivi che ogni anno vengono aggiornati dalle circolari ministeriali.
DL 226 / 05 in particolare l'art.13.OM 92 /2007
DPR 122 / 2009,in particolare art 1 al comma 5,
L.170 /10 a successive applicazioni
CTS MIUR 27.12.2012
CTS MIUR 06.03.2013.
Comunque poco o nulla importano queste violazioni, tanto il reato di esercizio d' ignoranza in pubblico servizi, diffuso nel territorio nazionale, di fatto è¨perseguibile solo se ci sono la negligenza o il dolo.
L'incompetenza è largamente e lassivamente perdonata dall'opinione pubblica che deroga troppo sul proprio diritto di cittadini alla formazione ed alla istruzione.
Difatti avete mai sentito parlare di un Comitato Locale per la scuola? Eppure noi isolani con il 70% dei docenti pendolari, che hanno una media di malattia superiore a 15 gg per anno scolastico, e con il turnover dei docenti del 50 %, che comporta ogni anno la fatidica fase iniziale di conoscenza degli alunni, perdiamo almeno un mese ogni anno del percorso didattico e formativo dei nostri figli.
I PROGRAMMI
Oggi la letteratura, la musica, il cinema, il teatro, la fotografia, le arti figurative, i media, l'educazione civica, l'ecologia, la filosofia, la rete ed il villaggio globale sono lontani dall'interesse didattico della scuola.
Si pratica la ripetizione degli argomenti e l'esercizio individuale mentre il metodo cooperativo che premia il risultato di equipe è sistematicamente trascurato.
Le verifiche, i compiti e le interrogazioni si declinano giornalmente come l'ostentazione individuale e mnemonica di un carosello nozionistico spesso fine a se stesso.
Pochi maestri si distinguono; godono della stima degli alunni e della gratitudine incondizionata dei genitori.
Queste mosche bianche portano avanti l' epica dell'insegnamento, la gioia di imparare insieme ed essere soddisfatti del risultato come in una squadra.
Questo lavorare e riconoscersi nell'altro, il metodo cooperativo può consentire a ciascuno di uscire dalla solitudine del proprio ruolo, di condividere il successo ma anche l'insuccesso, che rappresenta l'ombra nera attuale ed onnipresente delle nuove generazioni che dovranno insieme e con più forza cooperante, ritrovare il loro senso politico del vivere e guardare con fiducia oltre la crisi economica e di valori di questo momento.
Oggi essere il più bravo fra i banchi non garantisce il successo nella vita.
I DOCENTI
Frequento le scuole da 25 anni, per professione e come genitore.
Il dolore per i ragazzi bocciati è grande come la mia rabbia per l'ignoranza e l'ingiustizia dell'agire superficiale di chi non dovrebbe proprio per istituto.
Ancora più grande però è il dolore verso i tantissimi docenti che ho incontrato in questi anni, con alcuni dei quali mi sono intrattenuto fianco a fianco, molti adesso capillarizzati nella provincia ed ancora più lontano.
In loro ho stentato a vedere la consapevolezza della loro fortuna di fare una fra le professioni più belle: lavorare e crescere fra bambini e ragazzi, immersi in una fiera continua di aspirazioni e di speranze, vaccinati contro la vecchiaia ed ammaliati da un continuum in divenire.
Oggi troppi docenti hanno smarrito la loro missione, fiaccati dal precariato e mortificati dall'assenza di maestri, malretributi e sfiniti dal rally estremo del lavoratore pendolare. Loro smarriti sono lontani dalla malia pedagogica, sono precettori adulti già anziani che vedono davanti a loro solamente alunni ai quali dire per insegnare e non riescono a parlare per ascoltare con la persona in divenire adulto.
In un Blog locale molto seguito (comminando.org elba) una docente nella sua risposta anonima e risentita ad un mio commento critico sul tema dei Bocciati ha esclamato: - Non pensa che ai docenti sia stato chiesto troppo? Da docenti ad educatori..ad assistenti sociali..a psicologi.la scuola dovrebbe tornare ad essere più selettiva e le valutazioni non possono procedere secondo regole e metodi puramente psicologici. Se così fosse tutto il sistema mondo andrebbe rivisto“
GENITORI
Proprio dalla considerazione di questa docente smarrita, noi adulti ed operatori nel settore dobbiamo proprio cercare di promuovere nei ragazzi la speranza ed anche l'illusione di potere cambiare qualcosa in positivo nel sistema-mondo, di essere loro stessi, se insieme, protagonisti di un cambiamento positivo del loro futuro.
Mio padre (nato nel 1927) ed il mio nonno (nato nel 1888) hanno lasciato questa eredità di spirito politico finalizzato all'impegno ed al cambiamento in meglio.
Io nato (nel 1954 la generazione forse più fortunata della storia italiana!) lascerò prevalentemente un' eredità di cose materiali.
Allora per il prossimo anno si potrebbe (ri-)cominciare magari con un Patto Genitori-Docenti su alcuni obiettivi didattici comuni al fine di introdurre regole chiare ed insegnamenti trasversali a più classi su argomenti attuali di arte ed etica.
Tutti insieme per una scuola senza bocciati, una scuola per l'inclusione e garanzie per tutti del percorso formativo, per il raddoppio dei corsi di recupero a febbraio-marzo, per il termine della scuola al 1 giugno per gli studenti eccellenti e bravi e frequenza per tutto il mese di giugno degli alunni da recuperare e per quelli certificati (discrezionale da parte della famiglia), un voto minimo per ogni anno di corso e voto curriculare finale, dato dalla somma del voto di ogni anno, alla fine di ogni ciclo di studi.
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Replica al dott. Coscarella: "Il tono accattivante della difesa delle ingiustizie non aiuta"
Scritto da Francesca Faleri Domenica, 07 Luglio 2013 06:43In risposta alla critica sull'alto numero di bocciature nella scuola media elbana, esposta su questo giornale dal neuropsichiatra infantile Claudio Coscarella il 4 luglio scorso http://www.elbareport.it/arte-cultura/item/5267-scuola-media-ancora-bocciati riceviamo il parere di un'insegnante della scuola secondaria di Marina di Campo
Ci sono insegnanti, io sono uno di questi, che credono che scegliere se ammettere o meno un ragazzo alla classe successiva sia uno dei propri doveri, e che sia un modo per conferire valore all’istituzione scolastica e ai singoli studenti. Noi non diciamo ‘bocciare’, ma ‘fermare’, o, meglio, ‘far ripetere l’anno’.
Un ragazzino che venga ammesso ad una classe senza aver maturato le competenze necessarie per affrontarla come potrà seguirne serenamente le attività? Potrà trovare soddisfazione nell’apprendimento? Non c’è piuttosto il rischio di farlo sentire diverso, inadeguato? E di fargli percepire la scuola come un’istituzione inutile, slegata dalla realtà, come una costrizione (un carcere, per citare una definizione sentita più volte nelle mie classi)?
E in che modo una scuola che manda avanti tutti, indipendentemente dall’impegno e dai risultati, può creare cittadini consapevoli e partecipi della vita del proprio Paese?
Scrivo questa risposta al professor Coscarella alla fine di un anno scolastico trascorso alla secondaria di Marina di Campo, pendolare in mezzo ai pendolari, non più precaria ma consapevole del fatto che all’Elba avrei trascorso un solo anno.
In questo periodo fra i miei colleghi non ho conosciuto valutatori bizzarri, portatori di pensieri bassi, individualisti, superficiali, misconoscitori del disagio dei ragazzi, ma professionisti preparati, motivati e appassionati.
Abbiamo parlato dei nostri studenti e delle loro difficoltà, che erano anche le nostre, non solo nei momenti istituzionalmente dedicati a questo, ma nelle lunghe ore di viaggio e nei pomeriggi e nelle serate trascorse sull’isola, tenuti lontani dalle nostre famiglie dal desiderio di svolgere al meglio il nostro mestiere. Per ognuna delle non ammissioni alla classe successiva abbiamo discusso a lungo, ci siamo confrontati, abbiamo votato con le lacrime agli occhi e con il cuore pieno di dubbi.
Alla fine abbiamo chiesto a tanti ragazzi di ripetere l’anno, e lo abbiamo fatto anche se la scelta più facile per un insegnante è quella di promuovere: c’è molto meno lavoro dal punto di vista burocratico, dal punto di vista personale non si è costretti a mettersi in discussione e si può fingere di essere riusciti a raggiungere tutti gli obiettivi, sul piano sociale non ci si espone alle critiche delle famiglie e delle altre persone che gravitano intorno alla scuola. Se i ragazzi a cui abbiamo chiesto di ripetere l’anno sono molti è perché in buona fede crediamo che questa sia la scelta migliore; la scelta migliore per i ragazzi fermati e per l’intera società elbana, che giustamente si lamenta per l’alta percentuale di insegnanti pendolari e per il turnover nelle proprie scuole ma che risulta evidentemente incapace di indirizzare verso una formazione universitaria un numero di ragazzi sufficiente per riempire le proprie scuole di insegnanti residenti. Perché non siamo noi a ritenere che “la letteratura, la musica, il cinema, il teatro, la fotografia, le arti figurative, i media, l’educazione civica, l’ecologia, la filosofia, la rete ed il villaggio globale siano lontani dall’interesse didattico della scuola” (noi che, nati negli anni ’70, viviamo da sempre immersi in questi contenuti) ma sono troppo spesso i nostri alunni a pensare che le esperienze proposte dalla scuola, anche se legate a questi ambiti, non siano interessanti. Io sono consapevole di svolgere uno dei mestieri più belli e più importanti che ci siano; l’ho scelto con determinazione ed ho lavorato con impegno per poterlo svolgere.
Sono altrettanto consapevole del fatto che affinché noi insegnanti possiamo svolgere al meglio il nostro bellissimo ed importantissimo mestiere abbiamo bisogno della stima e della collaborazione di tutti gli adulti che insieme a noi si occupano della formazione dei ragazzi. Le critiche avanzate in sedi non adeguate, soprattutto se condotte con il tono accattivante della difesa dalle ingiustizie, non aiutano a costruire un futuro migliore per i giovani elbani e per il loro territorioValentina Lupi: Il vero problema non sono le bocciature
Scritto da Valentina Lupi Domenica, 07 Luglio 2013 16:31Mi riconosco in pieno in quanto sostenuto dalla collega, che mette giustamente in evidenza aspetti della sua esperienza di docente che forse ai più sfuggono e che certi interventi qualunquistici possono contribuire ad insabbiare, creando false verità sul ruolo che gli insegnanti svolgono.
Premesso che i tempi di Barbiana sono passati da un pezzo e che è difficile dire cosa farebbe oggi don Milani, credo che sarebbe l'ora di smetterla di prendersela sempre con la scuola e con gli insegnanti: la scuola non può essere la panacea di tutti i mali. Soprattutto non lo può essere la nostra scuola, quella in cui non ci sono i tempi e gli spazi necessari, quella delle classi pollaio, quella dove l'insegnante, privato di un benché minimo prestigio e riconoscimento, è lasciato solo ad inventarsi metodi e strategie, quella in cui entri in classe e non sai chi ti trovi davanti, perchè nessuno te lo dice.
I problemi familiari e sociali non possono essere risolti dalla scuola, che ha sicuramente un suo peso ed un suo ruolo, ma che non può essere individuata certo come la responsabile unica di tutto quel che non va.
E' troppo facile buttare la croce sugli insegnanti, colpevoli di non fare abbastanza, di non conoscere le situazioni di disagio etc.etc., ignorando e disprezzando la professionalità, l'amore e la passione con cui ogni giorni centinaia di docenti cercano di fare di tutto e talvolta anche di più per dare un senso al loro ruolo all'interno della società.
Il vero problema non sono le bocciature e non si può certo pensare di promuovere tutti solo perché ogni bocciatura ha dei costi. Quel che mi dà fastidio è che l'attenzione sulla scuola venga richiamata solo quando si arriva all'ammissione dei propri limiti e delle proprie difficoltà, che è insita nella bocciatura. L'insegnmante non prova nessun piacere a bocciare un alunno, anzi! Perché non ci si interroga mai su come siano realmente preparati i nostri figli quando escono dalle nostre scuole? Perché si continua ad alimentare il falso mito che l'insegnante bravo è quello che dà tutti 9 e 10? Il problema della valutazione degli alunni è sicuramente un problema serio, tuttora irrisolto e probabilmente irrisolvibile, perché per quanto si possa tentare di oggettivare le prove di verifica, c'è sempre un margine personale di giudizio, all'interno del quale la valutazione può cambiare, talvolta anche sensibilmente. Ma quando si arriva a decidere di fermare un alunno in una classe, non si ragiona certo in termini numerici: si valuta piuttosto quale sia il suo bene o, meglio, si cerca di farlo. Perchè anche essere ammessi in una classe in cui non si è in grado di seguire, per carenza di strumenti adeguati, non è giusto e non fa il bene dell'alunno. Certo bocciare e basta non può essere sufficiente; occorrerebbero tutta una serie di interventi di supporto a cui però la scuola da sola non può certo far fronte. Il prof. Bramanti si chiede se vogliamo una scuola in cui siano promossi solo quelli che ce la fanno e basta. Io mi chiedo se in alternativa vogliamo una scuola che promuove tutti e mette la testa nella sabbia, rimuovendo il problema. Perché questo è il rischio che si corre.
Valentina Lupi
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Roberta Libotte: Non vogliamo più bocciati? La scuola va cambiata alla radice,
Scritto da Roberta Libotte Domenica, 07 Luglio 2013 18:35No, non ci sto! Adesso manca solo che si dica che la scuola con il suo carico di docenti incompetenti, autoreferenti, bizzarri è la causa di tutti i mali del mondo!
Non potevo non intervenire in causa, visto che lo sono parte in causa come insegnante della Scuola Media di Marina di Campo e come insegnante delle classi prime dove il numero di non ammessi all'anno successivo è stato piuttosto alto! Insegno da 27 anni e amo questa professione che faccio con l'amore e la dedizione di una missione, ma che resta sempre, inequivocabilmente, una professione visto che percepisco, per svolgerla, uno stipendio, uno dei più bassi d'Europa ma pur sempre uno stipendio.
Certo la scuola ha visto tempi migliori, ha vissuto l'eccellenza del tempo prolungato con le compresenze grazie alle quali era possibile effettuare laboratori vari, percorsi di approfondimento e/o recupero, dove era possibile perfino organizzare spettacoli teatrali senza nulla togliere alle esigenze della didattica; si è permessa il lusso di avere insegnanti con ore a disposizione in modo da poter supplire docenti assenti senza dover smistare gli alunni fra le varie classi, ma erano lussi appunto, che oggi non si può permettere più! Che c'ntra tutto questo con le bocciature si chiederà qualcuno? C'entra, c'entra! C'entra perché come non si può chiedere ad una Cinquecento di correre insieme alle Ferrari, non si può chiedere a questa scuola, larva di se stessa, di assolvere ai compiti che elenca il dottor Coscarella.
Non vogliamo più bocciati? La scuola va cambiata alla radice, proprio come fanno nei paesi del Nord dove ci sono strutture eccellenti con equipe di pedagogisti e psicologi a disposizione, dove a scuola si sta tutto il giorno, dividendo i ragazzi in gruppi non troppo numerosi, organizzando il tempo-scuola in modo totalmente diverso dal nostro. Ben venga una scuola così dove non ci sono classi super numerose dove gli alunni diversamente abili usufruiscono di un numero minimo di ore di sostegno e, a causa di ciò, diventa difficile rispettare le loro sacrosante esigenze che spesso contrastano con le altrettante sacrosante esigenze del resto della classe! Ben enga una scuola a classi aperte dove, indipendentemente dall'età anagrafica, permani o passi oltre quando hai raggiunto o meno determinate competenze; ben venga una scuola dove si aumentano le ore e non si diminuiscono e potrei andare avanti all'infinito, ma questa scuola in Italia non c'è.
Da noi la scuola è un percorso che, secondo le Indicazioni nazionali per il Curricolo,ti deve far raggiungere, ad ogni tappa, determinate competenze (e mica competenze da poco). E se non sono state raggiunte? Si va avanti lo stesso? E aggiungiamo lacune su lacune? E poi? Una casa deve avere delle fondamenta ben solide, non si può costruire sul nulla, prima o poi la casa crollerà!
In quella che è la nostra scuola io ritengo che sia più opportuno fermare nelle classi più¹ basse proprio per dare la possibilità di "ricominciare, per non accumulare lacune su lacune, perché la scuola è anche apprendere, perché la scuola, che piaccia o no, deve anche dare un'istruzione (o questa parola è offensiva!) deve far raggiungere delle competenze ben precise. RICORDIAMOCELO.
Fermare un bambino, non ammetterlo alla classe successiva è sempre una decisione difficile, non ci si dorme la notte, ma quando si decide in tal senso lo si fa sempre in buona fede, ritenendo che per quell'alunno sia la cosa migliore o dal punto di vista didattico o da quello comportamentale.
La scuola dovrebbe ancora essere una palestra di vita: ci si deve impegnare per raggiungere dei risultati, non è tutto dovuto, qualche sacrifico va fatto per raggiungere determinati traguardi. Questo è accettato in tutti i settori, nella scuola no. Può darsi che la mia età anagrafica mi renda obsoleta, ma per me la scuola deve ancora essere in grado di trasmettere quei valori che la società ha dimenticato, no, che ha sconfessato: rispetto, senso di responsabilità, sacrificio, senso del dovere perché senza questi valori e, già lo stiamo vedendo, la società sarà più arida e sterile.
Per quanto riguarda la valutazione, vorrei precisare che i docenti non valutano secondo le proprie bizzarrie del momento, ma hanno dei criteri ben precisi per ogni disciplina, criteri elaborati insieme per materia ed approvati dal Collegio Docenti ed a quelli si attengono.
Sicuramente il voto è qualcosa di anelastico e rigido, sono d'accordo, ma se gli alunni andranno avanti negli studi e nella vita incontreranno i voti alla scuola superiore, all'Università, ai Concorsi, ai corsi che potranno o meno seguire per cui, forse, è meglio che vi si abituino.
Prima di chiudere vorrei informare chi, firmandosi Gigliola, commentando sotto lo scritto del dottor Coscarella, che conosco molto bene l'art. 3 della Costituzione italiana, art. che è fondamento del mio lavoro in classe sulla Convivenza civile e che fatico non poco a far comprendere che "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lin gua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" visto che la società ed in primis molte famiglie sono piuttosto contraddittori in tal senso.
Roberta Libotte
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Il parere di un'insegnante a inizio carriera "La bocciatura come possibilità"
Scritto da Linda del Bono Martedì, 09 Luglio 2013 07:03Ieri sera, sul finire di una cena tra amiche che ci ha viste “impegnate” in argomenti molto “poco impegnati”, lancio la bomba: “Voi che ne pensate delle bocciature alle medie? Ce ne sono state tante in prima quest’anno…”.
“Il mi figliolo è stato bocciato!” La mia amica, confessa candidamente e con una certa serenità che il primogenito non è stato ammesso alla classe seconda.
Momento di silenzio misto a panico e imbarazzo. Segue conversazione di mezz’ora comprensiva di spiegazioni, domande, sorrisi, ipotesi, frasi fatte, tra cui spicca la mia “io la bocciatura le vedo come una seconda possibilità”.
Devo averla detta grossa perché le mie amiche non mi sono sembrate tanto concordi.
Allora ci penso e ci ripenso e giungo alla conclusione che in quella frase, in quel concetto, io ci credo davvero.
Premetto di non avere ancora nessuna esperienza lavorativa di insegnamento da vantare nel mio curriculum, ma sono stata studentessa a lungo, sono mamma di due bambini in età scolare e vorrei poter dare il mio contributo alla discussione in merito alle bocciature lanciata qualche giorno fa su questo giornale. Procedendo per gradi.
Credo che “scomodare” Don Lorenzo Milani qui sia davvero una forzatura. Non credo che paragonare due epoche così culturalmente e politicamente distanti come gli anni ’60 e i tempi attuali possa contribuire a far luce sul tema.
Nel messaggio dei ragazzi di Barbiana, che chiedevano a gran voce “NON BOCCIARE”, vi era qualcosa di più sottile e socialmente importante: in quanto figli di ignoranti contadini, abitanti di un villaggio dimenticato dalle istituzioni e anche da Dio (ricordiamo che Don Milani venne mandato lì, a Barbiana, in “punizione”).
Il famoso “Lettera a una professoressa” rispecchiava comunque il tempo che fu: proponeva il celibato per gli insegnanti, negava l’attività sportiva e la ricreazione ai ragazzi, e “Noi per i casi estremi si usa anche la frusta”. Sarò ripetitiva, ma il paragone con i tempi moderni mi sembra davvero un azzardo.
Entrando nel vivo della questione, non credo che la modalità dell’espressione dei giudizi possa essere una questione così fondamentale; lettere o numeri, stelline o smile, i ragazzi vanno a scuola principalmente per apprendere ed essere valutati, soprattutto da un certo grado di scuola in poi, quindi o si pensa e propone una svolta epica, abolendo la fase del giudizio (utopistico) o si accetta che in qualche modo gli insegnati devono pure procedere ad una complessiva verifica e valutazione delle competenze acquisite.
Più che pensare all’opportunità o meno del voto numerico, io farei un discorso di ben più ampio respiro, ovvero: siamo sicuri che le cosiddette prove (o verifiche) oggettive ci abbiamo consegnato la possibilità di valutare in maniera uniforme gli studenti?
Siamo rimasti talmente abbagliati dal modello nord-americano da non renderci conto che stiamo perdendo la possibilità di valutare i ragazzi nel loro processo di crescita, le cosiddette competenze trasversali, per non parlare delle implicazioni anche didattiche di tale tendenza.
Con l’obiettivo di avere dei risultati oggettivamente valutabili, e forse con il timore di dover ammettere di avere una classe di ciuchi, sempre più insegnanti si limitano a proporre schede da riempire e caselle da barrare, con il risultato che i giovani d’oggi non sanno né scrivere né parlare (talvolta né pensare) e che i genitori non protestano più di fronte ad una verifica che è “oggettivamente” un cimitero di errori.
Abbiamo il coraggio di dire chiaramente che la partecipazione delle famiglie alla vita scolastica ha anche i suoi nodi problematici, come appunto l’intromissione in questioni prettamente didattiche e quindi di competenza esclusiva dell’insegnante, e che la figura del docente è, rispetto al passato, spesso snobbata e criticata dalla famiglia stessa, ovviamente in presenza dei figli che si sentono poi autorizzati ad interagire con gli insegnanti come fossero amichetti delle Ghiaie.
Tornando alla questione bocciatura: perché farne un dramma? Ai miei tempi, e non si parla del Giurassico, c’era chi faceva prima-prima, seconda-seconda, terza-terza e l’estate andava allegramente al mare e c’era chi veniva bocciato e restava chiuso in casa tutta l’estate.
Le bocciature ci sono sempre state e non ho visto famiglie sfasciarsi, ragazzi finire per strada o genitori dallo psicologo per una bocciatura.
Bocciare un ragazzo spesso significa dargli un’altra possibilità, soprattutto quando la bocciatura non avviene per motivi legati prettamente all’apprendimento.
Bocciarlo significa dire a lui e alla sua famiglia che vogliamo aiutarlo a costruire della basi più solide per affacciarsi al futuro. Nelle situazioni di ragazzi con particolare disagio il “cambiamento” può essere addirittura positivo, andando ad interrompere delle dinamiche relazionali e comportamentali negative.
Si dice che la maggior parte dei ragazzi bocciati vive in situazioni di disagio socio-culturale misconosciuto ai docenti.
Ma parliamo del solito paese? Portoferraio? Marina di Campo? MISCONOSCIUTO??? Ma se sappiamo tutto di tutti! Non ci raccontiamo le barzellette! E poi abbiate pazienza, ma le situazioni di disagio socio-culturale (ed aggiungo familiare) non sono di competenza ASL? Perché qui mi sembra si stia andando verso una strada pericolosa ma che tanto piace, quella della scuola che è causa e soluzione di tutti i mali.
La scuola è un’ “agenzia formativa” che, di concerto con le famiglie e le istituzioni preposte (leggi Comuni e ASL) deve promuovere la crescita del bambino e concorrere alla formazione del cittadino di domani; mi sembra un tantino eccessivo pretendere che gli insegnanti vadano a scavare nella vita familiare di ogni singolo ragazzo.
Ritengo più sensato che debba essere la ASL casomai ad avvertire i Dirigenti Scolastici e gli insegnanti dei casi di particolare disagio, sempre che le famiglie non oppongano resistenza trincerandosi dietro al diritto alla privacy.
Il Dott. Coscarella, non me ne voglia, propone la scuola fino al 30 giugno per i “duri” contro il 30 maggio per gli “eccellenti”.
Questa sì che sarebbe un’ottima idea per l’integrazione scolastica! Mandiamoli anche in giro con le orecchie da asino alla Lucignolo. Suvvia Dottore, faccia il serio, ed ognuno faccia il suo lavoro.
Si citano leggi e diritti, ma cosa dico io a mio figlio, il cittadino planetario del domani, quando vedrà che i suoi compagni, non studiando per mancanza di impegno (non di capacità), verranno ugualmente promossi, magari con gli stessi voti che lui ha ottenuto con tanto sacrificio ed impegno essendo un ADHD+DSA che la Nostra ASL non ha voluto certificare (quindi niente 104 e niente sostegno)?.
Quando chiesi in prima elementare di bocciare il bambino perché era visibilmente immaturo, soprattutto da un punto di vista relazionale ed emotivo, mi venne detto “non possiamo bocciarlo, ha tutti 8 e 9”.
A distanza di tre anni, ha ancora 8 e 9 ma cambia scuola per la seconda volta perché le sue caratteristiche non gli rendono la vita scolastica propriamente una passeggiata. Col senno di poi quella bocciatura forse sarebbe stata provvidenziale.
Citando Giovanni Bollea, padre della moderna neuropsichiatria infantile, “Le madri non sbagliano mai”.
Linda Del Bono
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Maria Gisella Catuogno: Per la scuola, un patto tra genitori e insegnanti
Scritto da M.Gisella Catuogno Martedì, 09 Luglio 2013 10:24Vorrei aggiungere qualche considerazione, alle tante che sono già state fatte nell’ultima settimana, sulla scuola e le sue problematiche. E’ chiaro che la bocciatura di un allievo è la certificazione di una sconfitta, non soltanto sua personale e dei suoi insegnanti ma dell’intera società e della classe politica che l’ha guidata: decenni di tagli alle risorse, di accorpamento di classi e plessi, di progressiva riduzione del tempo pieno e dei docenti, anche quelli di sostegno, impoveriscono l’offerta formativa e rendono culturalmente più fragili e insicuri i nostri ragazzi.
Ha ragione Roberta Libotte quando scrive che in una scuola ideale, ma non impossibile, ricca di aiuti e di proposte alternative, probabilmente le bocciature non esisterebbero.
Ma c’è dell’altro, secondo me, ed è la considerazione che della scuola e dei docenti che vi operano gli studente percepiscono da parte delle loro famiglie.
Genitori e insegnanti svolgono un ruolo delicatissimo, quello di educare le giovani generazioni, trasmettere valori, conoscenze e prepararle alla vita. In questa “missione” dovrebbero operare all’unisono o con la maggiore collaborazione possibile.
I bambini, i ragazzi hanno antenne sensibilissime e captano immediatamente quanto i loro babbi e le loro mamme considerino la cultura, abbiano fiducia nell’istituzione scolastica e stima nei confronti dei docenti che si prenderanno cura di loro. Questo “ patto non scritto” è alla base del successo scolastico.
Purtroppo, invece, nel tempo, accanto ad un depauperamento delle risorse, si è verificato anche un aumento della conflittualità tra genitori e insegnanti: spesso una nota disciplinare non viene interpretata come un sacrosanto richiamo ad un comportamento corretto ma come un sopruso nei confronti del figlio; un voto negativo non come l’avvertimento che occorre studiare di più e meglio per ottenere determinati risultati, ma come un giudizio sbagliato, degno di contestazione; una bocciatura non come la registrazione di un insuccesso per quell’anno, al quale si potrà porre rimedio nel successivo, riscattandosi con onore, ma come una calamità, un’ingiustizia intollerabile alla quale opporsi, facendo ricorso, appellandosi ad avvocati, cercando di trovare un cavillo formale che annulli la decisione (sofferta) del consiglio di classe.
E’ chiaro che un atteggiamento del genere da parte della famiglia, sul piano educativo e morale, è devastante per un ragazzo: ne assorbirà la lezione che per progredire non si debba impegnarsi di più, essere corretti nei confronti dei compagni, degli insegnanti, di tutto il personale, degli stessi arredi scolastici ma si debba invece contestare, rispondere male, trattare i docenti come coetanei, in una parola non fare quotidianamente il proprio dovere.
Le ore che gli studenti trascorrono a scuola sono soltanto una frazione della giornata, 5/6 su 24. Nel resto del tempo le “agenzie educative” con cui essi vengono in contatto sono diverse: includono internet, i cellulari con cui si scambiano centinaia di messaggi, la televisione, lo sport, gli amici. Ma anzitutto c’è la famiglia, la sua presenza qualitativa, l’esempio che dà, le regole che impone, non con autorità ma con autorevolezza, le raccomandazioni degli insegnanti che fa proprie: che in un’aula scolastica, ad esempio, entrando si dà il buongiorno, si mangia a ricreazione e non a tutte le ore, non ci si stiracchia come si fosse a casa propria, non si usa il cellulare, non si dicono parolacce o bestemmie, si è disposti all’ascolto, al rispetto, all’interazione, alla reciprocità, alla collaborazione. Un ragazzo ripropone all’interno dell’aula il modello educativo cui è abituato in famiglia, che è una forma di civiltà, su cui innestare tutto il resto, un ruolo fondamentale al quale una famiglia, se è davvero tale, non può abdicare.
La causa principale degli insuccessi scolastici, almeno nella scuola superiore, dove insegno, è la scarsa motivazione allo studio e un impegno insufficiente. Ma percepire l’importanza che i genitori attribuiscono alla cultura come fonte di crescita personale e umana prima ancora che di promozione sociale può essere fondamentale per loro.
I ragazzi di oggi sono abituati ad una fruizione visiva e spesso superficiale di quello che li circonda mentre lo studio richiede riflessione sulla pagina scritta, fatica, sacrificio. Attrarre la loro attenzione quando si spiega, quando si cerca di coinvolgerli nell’entusiasmo che malgrado tutto, dopo tanti anni, ancora le nostre discipline ci ispirano, non è semplice. Eppure ci proviamo, con fiducia incrollabile.
E la ricompensa, per loro, è il saperne di più, di giorno in giorno: mille occasioni di conoscenza che si aprono, mille mondi ignoti che prendono progressivamente forma sotto i loro occhi. Che i genitori ci aiutino in questa navigazione ardua e affascinante.
BOCCIATURE, POSSIBILE TROVARE SOLUZIONI ALTERNATIVE?
Beh, sono stato tirato in ballo, ovviamente, quindi devo chiarire. Don Milani era indigesto nel 1967 e lo è anche oggi e lo si vuole trattare da uomo della pietra e come prete in punizione! Tento di precisare, a cominciare dal fatto che non voglio coltivare sfide sul tema bocciature, io sono fuori gioco, un intruso, ma in qualche modo la lunga maratona che ho fatto nella scuola per me non è ancora finita, sto facendo gli esercizi defaticanti, che mi fanno partecipare in vario modo, ancora, sebbene in pensione. Mi illudo di agevolare un dialogo costruttivo per chi è ancora immerso nel complesso mondo dall'insegnamento. Il compianto dottor Ageno ci tenne un corso per dimostrare, dal punto di vista dello specialista in malattie nervose, quanto tale professione sia difficile e stressante. Nella scuola i due partiti, se esistono ancora, pro o contro bocciature, devono convivere e magari trovare soluzioni insieme. Utopia? Chissà che non valga la pena, a settembre, per la scuola, per la comunità elbana, che qualcuno promuova degli incontri sul tema.
Ho sempre manifestato apertamente il mio no alla selezione nella scuola dell'obbligo. Cominciai col mio maestro. Tante “litigate” con l'amico Cesare Giangregorio, purtroppo scomparso, che dava l'anima per la scuola, come molti altri fanno oggi. La pensava come Valentina, l'altra docente intervenuta su Elbareport e Roberta. La scuola boccia, secondo me, per una linea tradizionale, tendente al miope, che intende fare il bene dei ragazzi insegnando loro, con uno o più stop, ad imparare la lezione, quella fatta in classe e quella morale. In realtà i giovani, dominati dai media del di tutto e di più, sono travolti da esempi poco formativi intorno a sé, e non si entusiasmano purtroppo per le lezioni didattiche quanto per Balotelli e altro. La scuola deve riuscire a recuperare, almeno alla sufficienza, chi non riesce ad apprendere bene per svariati motivi, invece che eliminare dal regolare percorso sperando che il replay serva. E' più facile bocciare che promuovere. Chi si batte per non escludere non lo fa certo per regalare, per levarsi ansie, punta invece sulla creazione di ulteriori azioni didattiche, più potenti, alternative, articolate, tese a rimediare ai limiti della scuola che seleziona e raramente recupera. Ha ragione Roberta, la scuola andrebbe cambiata radicalmente; oggi va avanti con le imprese “eroiche” di docenti, non docenti e dirigenti, che lottano ogni giorno con una struttura sempre meno dotata di fondi e che si distingue nei tagli degli organici, rischiando di essere “fuorilegge” nel diritto allo studio.
Il ritardo e le colpe della scuola italiana sono del resto datate 1859 quando, già allora, diversamente da alti paesi europei più “svegli”, l'obbligo era scarsissimo, la preparazione e l'aggiornamento degli insegnanti pure e gli stipendi erano di fame (dal libro “La scuola in Italia dalla legge Casati a oggi”). Sono passati 154 anni ma certe pecche sembrano attuali. Quindi ci vogliono massicci investimenti e i 13 miliardi per acquistare gli F35 farebbero comodo. Gli insegnanti in fondo, sono vittime di questo maxi apparato che non riesce a funzionare meglio. Forse conviene a qualcuno che le fasce dei più ignoranti rimangano tali? La bocciatura quindi diventa una cura necessaria per chi non sta al passo, ma il bene di tali giovani che sia un altro? Che abbiano bisogno di certezze, esperienze, fiducia, progressi, amore, di non essere eliminati dal gruppo classe, di offerte formative alternative, altri spazi e altri metodi.
Con Giuliana, Lorena e diversi altri colleghi lavorammo a lungo per suggerire metodi di studio ai ragazzi in crisi, anche a monte del loro ingresso alle medie, poi si cercò di creare un metro di valutazione oggettivo e comune, che sarebbe la base della scuola. Ma, come dice Valentina, capita che vari insegnanti finiscano per giudicare anche in modo personale.
Un ragazzo qualche anno fa, mi dicono, ha fatto 2 volte ognuna dalle tre classi in una scuola media, sei anni in tutto. No comment. Però c'è chi ritiene allegramente normale una cosa del genere. Si sopravvive, ci si fa le ossa. Talvolta no. E si vorrebbe mettere in cantina don Milani tra le cose inutili. Equivale a cancellare un pezzo di storia di notevole importanza per l'Italia. Il messaggio di quel prete, morto troppo giovane, che voleva una scuola non selettiva, è attualissimo, anche perché la scuola dal 1967 ad oggi non ha fatto passi da gigante. Forse Don Milani andrebbe riscoperto.
Col mio intervento non ho inteso dire che la scuola ha la colpa dei mali sociali, è il contrario, è la società che “oscura” la scuola, che non le consente di fiorire al meglio. Se con la bacchetta magica di Don Milani si sfornassero ragazzi almeno da 6, oltre ai soliti bravi, la rivoluzione sarebbe compiuta e l'Italia avrebbe generazioni in grado di affrontare meglio il futuro, perché sapere è potere. In giro c'è ignoranza che si taglia a fette, all'Elba e altrove, non credo giovi al progresso e alla giustizia sociale. Poi che dire delle classi pollaio, della mancanza di autoritarismo degli insegnanti e simili negatività? Ok non va accettata tale situazione, si deve uscire dal disagio, pretendendo il nuovo, disagi che poi si ripercuotono sul personale scolastico e le famiglie e, come stiamo dicendo, sui ragazzi più fragili, i quali spesso hanno alle spalle altrettante situazioni personali negative e proprio perché qui si sa tutto di tutti, conosciamo tante situazioni a rischio. Asl, Comune e un po' tutte le forze sociali debbono fondersi con l'azione della scuola, guai a lasciarla agire da sola. I ritardi, le bocciature, le mortalità scolastiche sono l’espressione di un insuccesso che riguarda tutti. Un ragazzo bocciato lo abbiamo fermato tutti. 4 i “colpevoli” di tutto ciò: la scuola, la famiglia, lo studente che invece dovrebbero unirsi per trovare insieme soluzioni, ma il quarto protagonista è il principale: la società tutta, come dicevo, che non dà la giusta attenzione, maggiori strumenti, finanziamenti e altro al mondo della scuola, è la massima colpevole degli insuccessi dei ragazzi in difficoltà, è la massima colpevole nel dare pochi strumenti ai precari che si affacciano al mondo della scuola, ai genitori e a tutti. Le mamme non sbagliano mai? Con tutto il rispetto per Bollea, sbagliano tanto, come i padri, come pure gli insegnanti, come tutti in ogni settore. Francesco ieri ha provato a dare una lezione al mondo sulla non esclusione, sul no all' indifferenza. Attenzione a non alimentare l'indifferenza ai problemi della scuola.
LO STUPENDO INTERVENTO DI GINGI SANGALLI
Gingi Sangalli: Gli insegnanti portino in classe i loro amori e non i loro umori
Scritto da Gingi Sangalli Mercoledì, 10 Luglio 2013 12:22"Se non speri l'insperato non lo troverai" diceva Eraclito.
Parole che sono salite alla coscienza dopo aver letto l'articolo del Dott.Coscarella e tutti gli altri che hanno animato il dibattito sulle bocciature. Parto da queste parole perché la scuola del secondo millennio, così come la nostra società, è cambiata velocemente e verrebbe voglia di dire in peggio a chi insegna o a chi ha dei figli in età scolare. Invece non possiamo permetterci di essere pessimisti e disfattisti perché in gioco ci sono delle persone e il loro progredire, crescere, vivere , e la vita, come ripete spesso un bravo insegnante e scrittore (Alessandro d'Avenia) è più grande della scuola.
A mio avviso occorre prima di tutto separare la scuola "dell'obbligo" dal successivo percorso scolastico, non tanto perché non siano collegati, quanto perché quell'obbligo qualcosa significa: dare a tutti un sapere di base per essere uomini e donne consapevolmente cittadini e cittadine, significa dare a tutti una valigia con l'essenziale per affrontare non solo le superiori ma il muoversi criticamente nella società alla ricerca della propria realizzazione, del proprio ben-essere, della propria felicità. La scuola dell'obbligo dovrebbe attuare l'Art. 3 della nostra costituzione, citatissimo, ma sul campo ancora troppo disatteso. Perché se è vero che non sono più i tempi di Don Milani, il quale tra l'altro era volontario, non un docente stipendiato, è vero altresì che la nostra scuola pubblica dell'obbligo boccia sempre gli stessi: stranieri, ragazze e ragazzi con disagio sociale (per i quali anche le ASL non fanno granché!), con disagio psicofisico, con problemi di apprendimento o di condotta. Questo deve far riflettere, dal momento che ne deriva una mobilità sociale minima (nel senso che chi appartiene ad una classe sociale avrà una discendenza che rimarrà intrappolata nella stessa e lo dimostrano moltissime statistiche). Poca mobilità sociale significa poca crescita e tanta ingiustizia.
Nella scuola media dove insegno ho trovato alunni/e disagiati/e che vengono da famiglie disagiate i cui genitori sono stati allievi di mia madre (maestra elementare) negli anni sessanta e a loro volta provenivano da famiglie povere e con disagio!
Quindi la scuola, le Asl, il Comune, la Provincia, la Regione, lo Stato, non sono riusciti ad applicare quel grande Articolo 3, non c'è stata alcuna rimozione degli ostacoli, ma solo un continuo alzare gli occhi al cielo e dire "con questi tagli come si fa a pensare a tutto?" , "con questa crisi non ci sono i soldi per aiutare i più fragili".
Sicuramente non si fanno le nozze con i fichi secchi, ma almeno che tutti si rimbocchino le maniche, che si ripensi al proprio ruolo nella catena educativa: quale genitore, quale insegnante, quale servizio pubblico al cittadino. Che ci simetta d'impegno tutti insieme, che si inizi a collaborare credendoci.
Nel frattempo la scuola può fare molto anche con poco (torno alla speranza dell'insperato affinché si avveri): nella realtà di una scuola dove tutti disinvestono, alcuni docenti, nuotando controcorrente, riescono a non lasciare nessuno indietro, non perché regalano tutti 9 o 10, ma perchè hanno una relazione con ciascuno dei propri alunni e insegnano a tutti e tutte cos'è la passione per qualcosa, dando il buon esempio per primi mettendo la passione in ciò che fanno, rinnovandosi, aggiornandosi, preparandosi con cura all'incontro con la classe, in particolar modo all'incontro con quelli che sono in difficoltà. E vi assicuro che la differenza si vede quasi sempre, perché il destinatario di tanta passione si sente riconosciuto, accolto, importante, anche se è partito con uno svantaggio o con il piede sbagliato. Un docente così non si volterà mai dall'altra parte perché "non è anche psicologo", quando vede che uno dei suoi alunni sta soffrendo, che ha difficoltà a stare al passo con altri, che non è inserito nella classe, che è vittima a scuola di prepotenze e soprusi, che non rispetta le persone, gli animali, le cose, e nemmeno se stesso, che arriva da casa ogni mattina in condizioni disastrose. Un insegnante che ama il prorpio lavoro darà motivazione essendo per primo motivato, saprà trovare dei talenti in ciascuno allievo e li farà scoprire anche a lui, insegnerà il rispetto attraverso il rispetto, mostrerà come ci si fa carico dei più fragili, farà collaborare i più bravi, le cosiddette eccellenze, con quelli che si trascinano dietro delle lacune, organizzerà percorsi fantasiosi di recupero e motivazine a basso costo, ma alto impatto, sarà uno/a che non si arrenderà tanto facilmente.
Questi sono i docenti che (ancora D'avenia) "portano in classe i propri amori e non i propri umori". Impariamo da loro, aggiorniamoci da loro e facciamo come loro. Altrimanti abbiamo sbagliato professione.
E per finire il grande Pennac, ex somaro strabocciato che diventa insegnante e scrittore. Da non perdersi il suo Diario di scuola: "i prof non sono preparati alla collisione tra il sapere e l'ignoranza!", "Nessuno vi chiede di mettervi nei nostri panni, vi chiediamo si salvare i ragazzini che non sono in grado di chiedervelo" e poi un bellisimo finale che va letto di persona. Il mio contributo al dibattito per ora si ferma qui.
Virginia
E COSI' SI E' ESPRESSO ADRIANO PIERULIVO MAESTRO E POETA SU FACEBOOK
La maggior parte degli insegnanti non ha i requisiti psico -pedagogici necessari a sostenere un rapporto continuativo tra docenti e discenti.Si conoscono le tecniche d'insegnamento delle proprie discipline senza preoccuparsi dell'età evolutiva e delle condizioni oggettive degli alunni. Insomma, si fa d'ogni erba un fascio e i più deboli rimangono schiacciati.Chi gode di buone condizioni economiche se ne sbatte di questa discussione di retrovia scegliendo per i propri figli quanto di meglio può garantire l'offerta privata.Nella scuola pubblica affoghiamo tra classi sempre più numerose, conflitti di competenze, dirigenti ligi alle direttive scaturite dalla contro riforma Gelmini e preoccupati principalmente di rientrare da un punto di vista economico.
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Scuola e bocciature: Il duro intervento di un Professore di Matematica Scritto da Paolo Insegnante di Matematica di Bologna Domenica, 14 Luglio 2013 09:27In seguito al dibattito sulla Scuola aperto su questo giornale dal Dott. Claudio Coscarella e scaturito in un gran numero di reazioni da parte degli insegnanti, Paolo, Professore di Matematica oltre canale, ribatte con il seguente severo e amareggiato intervento:
E' veramente una cosa che mi addolora vedere che gli stessi colleghi, oltre a non difendere la categoria, non difendono il bene pubblico ovvero, non fanno il bene di nessuno sostenendo tutta una serie di luoghi comuni, banalità, trite e ritrite, che hanno portato la scuola al collasso e così facendo, non potrà che peggiorare (se non siamo noi a difenderci ma sosteniamo gli avversari ....)
Un'altra cosa che mi addolora e che mi innervosisce assai è la discussione dell'ovvietà: a scuola ci siamo stati tutti e non è che nel frattempo ci sono state delle mutazioni genetiche, cambiamenti importanti sì, ma non mutazioni genetiche! I meccanismi li conosciamo, sono semplici, sono sempre quelli, perchè dobbiamo complicarli inutilmente? Perchè complicare le cose semplici e ovvie e, soprattutto, naturali?
A coronare la sensazione di dolore e di rabbia è la constatazione di un fallimento politico che si riflette a livello nazionale e che consiste nell'idealismo utopistico della rappresentanza di sinistra che non serve altro che a coronare i sogni della destra! Mi spiego meglio. E' da quando ho iniziato ad insegnare che mi chiedo come sia stato possibile scardinare il contratto dell'apprendimento che è un contratto bilaterale in un contratto unilaterale che deresponsabilizza totalmente l'allievo e attribuisce la totale responsabilità all'insegnante il quale, nel frattempo dovrebbe, unicamente con la sua capacità, fare diventare TUTTI bravi a scuola! E' ovvio come questo non trovi spazio neanche nelle favole di Hansel e Gretel, credo che, anzi, faremmo meglio a rileggerci Collodi!!!
Poi, riflettendo, ho capito perchè! Quando, ahimè ho insegnato nel peggio del peggio delle scuole private ho sottoscritto un contratto a prestazione d'opera artigianale!! Non a prestazione d'opera intellettuale!!! Dove il compenso ti viene corrisposto SOLO in corrispondenza dell'obiettivo raggiunto!! Il che equipara l'insegnante ad un caldaista che viene a ripararti la caldaia a casa e se non ne è capace tu puoi richiedergli i soldi indietro!! Ma l'insegnante non è un caldaista ! E l'allievo non è una caldaia!! Non è un oggetto inanimato, incapace di intendere e di volere che si fa "riparare" da un individuo!! L'APPRENDIMENTO E' UN CONTRATTO BILATERALE E LA RESPONSABILITA' E' CONDIVISA!!!!!
Pensare che se un insegnante è amante della propria materia e motivato, motiverà automaticamente gli allievi è quanto di più falso si possa sostenere!!! Io sono insegnante di matematica alle superiori, amo da morire la mia materia e mi piace farla in un modo nuovo rispetto a come ci è sempre stata insegnata, cercando di dotare le operazioni di senso, di motivare gli strumenti che si adoperano, stimolare a chiedersi sempre il perchè di quello che si fa e non all'accettazione passiva dell'esercizio! Rifiutare la tecnica delle procedure, pura semplice, cercare di recuperare l'aspetto semantico della matematica e non solo quello sintattico! Risultato, specie con le classi prime? E'una guerra tutti gli anni!!!!! Anzi, posso dire, che, spesso,gli allievi sono talmente arroganti, perchè talmente abituati da sempre ad avere il potere, che addirittura, interferiscono sulla didattica! La didattica più efficace non è praticamente MAI quella più gradita, anzi! E allora? Siamo alle solite (per questo odio l'ovvietà!) ti devi Imporre!! Ma cosa stiamo dicendo? Ma di cosa stiamo parlando? Non possono essere gli allievi a decidere, specie se molto giovani, perchè non hanno gli strumenti.
Chi concepisce l'apprendimento come univocamente determinato dalla capacità dell'insegnante, in realtà sostiene la modalità con cui le peggiori scuole private (vedi CEPU e compagnia) stanno operando, mettendo il docente alla stessa stregua di un maniscalco! Con tutto il rispetto che nutro per gli artigiani, insegnare è altra cosa!! E altra cosa sono GLI ALLIEVI CHE VANNO RESPONSABILIZZATI quanti mai prima!!
A scuola ci sfiniamo a forza di dare messaggi, consigli, le comunicazioni scuola-famiglia sono quanto più intensificate, ma cosa dobbiamo fare di più? Con il registro elettronico vediamo tutto in tempo reale, assenze, voti...... Ma se uno non segue perchè non ha voglia e non mette la SUA parte!?? (E questo è sempre successo!!!) Cosa dobbiamo fare, ignorarlo? Non sanzionare niente? E dove va a finire la funzione morale della scuola se tanto bene o male sarà sempre comunque un successo? E non è vero che gli insegnanti se la prendono con i più deboli, non è vero!!!
Ci sono ragazzi che vivono situazioni disagiate che sono bravissimi! Teniamo conto di tutto ma le situazioni personali non possono essere una giustificazione a manchevolezze e a comportamenti scorretti reiterati per nove mesi!!! I ragazzi finiscono con l'approfittarsene poi! Siamo stati ragazzi, tutti no? (sembra di no).
Tengo a ricordare inoltre che i docente non è nè psicologo, ne assistente sociale, nè mediatore culturale ma è un'insegnante di una discipilina al quale ormai vengono affidate tutte queste responsabilità, non di sua competenza, delle quali dovrebbe essere la società a farsene carico!
Tengo a precisare inoltre che all'obbligo scolastico non può essere attribuita l'interpretazione tutta italiana di obbligo a promuovere! IL PUEROCENTRISMO DEVE FINIRE!!! È la peggiore malattia che ha afflittto l'educazione prima e la scuola poi, abbiamo addirittura trasmissioni televisive dove si evince questo problema! Siamo passati da trattare i fanciulli come bestie prive di qualsiasi diritto, da punirli in ginocchio sui ceci a farne dei piccoli imperatori a cui tutto è dovuto e tutto è scontato!
Io sono un insegnante precario e rischio grosso ogni anno, però per far fronte alla negligenza degli allievi devono essere pagati i corsi di recupero che costano alla scuola 50 euro l'ora! (dico 50 euro l'ora!) incondizionatamente, anche se hanno 20 note sul registro altrimenti rischi di incorrere in un ricorso che la darebbe vinta a loro! E parlo di ricorsi perchè è ormai comune l'offensiva delle famiglie nei confronti della scuola a difesa dei loro figli! E' ormai cosa frequente, per un insegnante essere oggetto di violenza! Mi chiedo spesso cosa siamo ormai diventati? Veniamo vessati, mal giudicati, siamo oggetti di episodi di bullismo!!! E nonostante tutto dovremmo anche far finta di niente e dar la promozione immeritata a tutti, chiaro! Ci sono delle classi, parlo almeno per alcuni istituti di media superiore, in cui non si riesce a far lezione! Studiare è ancora un privilegio, in molti paesi, ci sono viceversa realtà in cui tu devi lottare per cercare di insegnare qualcosa!
Per questo, alle persone che continuano a sferrare offensive alla cieca contro la scuola, a coloro che continuano a prendere incondizionatamente le difese dei figli a discapito degli insegnanti, tengo a ricordare che già dalle scuole medie i ragazzi e le ragazze si apprestano a diventare degli uomini e delle donne, eh già perchè la biologia parla chiaro, nel momento in cui siamo dotati di attributi per procreare saremmo già in grado, potenzialmente, di prenderci la responsabilità di un essere umano!!
Se, viceversa, vogliamo dimenticarci di tutto questo per farne poi dei piccoli mostri, fate pure, senza il mio aiuto, però!
Non si boccia alla cieca senza aver avvisato e avvisato e averci pensato e ripensato più volte, non esiste più la brutta sorpresa che poteva traumatizzarti e amaraggiarti, non esiste più il fulmine a ciel sereno! Ma una scuola che tutto lascia correre, che non fa distinzione tra giusto e ingiusto, tra bene e male, che non valorizza il merito e che per far questo non adotta alcuna azione deterrente e che deresponsabilizza totalmete l'allievo colpevolizzando l'insegnante non è una scuola! E' una scuola che ha interrottto e rovesciato la sua dinamica naturale e per questo finirà, dando spazio totalmente alla scuola privata, (che in Italia ancora non esiste).
Un'ultima cosa che mi era sfuggita! L'87% degli insegnanti, dopo 20 anni d'insegnamento riporta disturbi psichiatrici, non psichici, psichiatrici!!! Ma di questo, ovviamente, chissenefrega!!
Paolo
Insegnante di matematica di Bologna
ed ecco commenti a tale "nervoso" intervento

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Claudio Coscarella · Ospedale di Portoferraio presso Asl 6 livornoCaro Paolo
le scuole superiori meriterebbero altre e più complesse osservazioni di quelle fatte per "i bocciati in corso d'obbligo scolastico". L'obbligo formativo è altra cosa di quello scolastico. condivido la necessità, proprio alle superiori ma non solo, di un "patto chiaro famiglia-docenti-asl" su programmi innovativi valutazioni, recuperi ed in particolare TEMPESTIVITA DELL'AZIONE DISCIPLINARE". su quest'ultimo proprio i dirigenti ed il consiglio di di istituto lasciano soli i docenti in cattedra con regolamenti veramente inappropriati. In questo le "mosche bianche", anche se precari, pendolari ed insegnati di una materia "ostica" sono chiamati a recuperare la dimensione di educatore nell'insegnamento, oltre i luoghi comuni ed il pensiero nano dilagante fra colleghi e dirigenti.
Auguri e mi permetta di invidiarla per l'opportuntà di restare con i ragazzi per i prossimi decenni,....artigiano dell'educazione.... -
Adriani Aldo ·Mi pare più un messaggio d'aiuto che altro. Si capisce che Lei non è per niente soddisfatto di fare l'insegnante e che vive un conflitto giornaliero con i suo alunni. Non è il massimo. Le consiglierei una certa flessibiltà perchè di sicuro lei ama la sua materia, si dice sia una scienza esatta, ma nei rapporti con i ragazzi un pò psicologi bisogna esserlo visto che, come dice giustamente, non sono delle caldaie. Ecco mi piacerebbe che anche gli insegnanti fossero meglio formati per affrontare i problemi di comunicazione, che palesa nel suo intervento, perchè lasciarli soli con i propri guai non è giusto. Fermo restando che questi benedetti alunni, che sono alla fine i nostri filgi (forse Lei non ne ha), andrebbero educati meglio ma le assicuro che non è facile. Buon lavoro.
..personalmente mi riconosco nell'ultimo commento
Scuola e Bocciature: La parola ad un ex allievo di Barbiana
Da anni cerco di far intervenire all'Elba, senza successo, Francuccio (Francesco) Gesualdi, uno dei ragazzi di Barbiana. Il reduce della scuola di Don Milani è preso da molti impegni. Quindi ho chiesto a lui di mandarci un contributo, un suo scritto sul tema bocciature. Lo ringrazio, ecco qua.
Stefano mi ha chiesto di dare un contributo al dibattito che si è sviluppato sul tema delle bocciature nella scuola all'Elba. Ho letto alcuni interventi su Elbareport e grosso modo sono tutti pronti a giustificare la selezione, eccetto Gingi.
Che dire, non posso che riprendere concetti che io ho detto anche in altre occasioni.
Don Lorenzo Milani cominciò a fare scuola perché aveva capito che l'ignoranza è la madre di tutte le miserie.
Stando accanto agli operai e ai contadini aveva capito che la miseria è figlia dell'inganno e del raggiro, possibile fra chi non capisce la realtà, ed è figlia del senso di impotenza tipico di chi non sa esprimersi.
Per questo la sua era una scuola viva di conoscenza della realtà, di approfondimento dei nostri diritti, di ricerca della verità. Ma soprattutto di arricchimento linguistico perché, come è scritto in Lettera a una professoressa: E' solo la lingua che fa uguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l'espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli.
Anche i costituenti avevano chiaro che l'inferiorità culturale impedisce il pieno sviluppo della persona umana e all'articolo 3 della Costituzione avevano stabilito che: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Ed ecco la scuola come uno degli strumenti fondamentali di realizzazione della democrazia e dell'uguaglianza.
Non a caso Piero Calamandrei, da giurista qual'era, definiva la scuola organo costituzionale e chi la demolisce, come fanno certi governi, andrebbero giudicati per attentato alla Costituzione.
Usando un linguaggio più semplice, il popolo definisce la scuola bene comune, intendendo, con questo termine, tutto ciò che svolge una funzione fondamentale a vantaggio di tutti. La lista dei beni comuni comincia con l'aria, l'acqua, il clima, le foreste, i mari, i suoli, ma prosegue con la sanità, la nettezza, i trasporti.
Ed ovviamente la scuola perché svolge tre funzioni fondamentali: garantisce dignità, garantisce civiltà e garantisce democrazia.
La scuola garantisce dignità perché fornisce le conoscenze sui propri diritti.
Chi non conosce i propri diritti politici è alla mercé dei potenti di turno. Chi non conosce i propri diritti sindacali è alla mercé dello sfruttamento padronale. Chi non conosce i propri diritti sociali è alla mercé dei burocrati. Solo chi ha la consapevolezza di cosa gli spetta come persona, come cittadino, come lavoratore, ha la capacità di difendere la propria dignità.
Ecco perché la scuola, a cui tocca fornire questo tipo di consapevolezza, è garanzia di dignità.
La scuola garantisce civiltà perché fornisce la consapevolezza dei propri doveri nei confronti della comunità e dei beni comuni. Se la dignità attiene a ciò che dobbiamo ricevere dalla comunità, la civiltà attiene a ciò che dobbiamo essere capaci di dare alla comunità. Sappiamo tutti che è più facile prendere che dare, il senso del dovere non ci viene spontaneo, è un seme che germoglia solo se abbiamo interiorizzato una serie di valori: il valore della solidarietà, il valore della responsabilità, il valore della legalità, il valore del bene comune.
Da questi valori si valuta la civiltà di una società e poiché tocca alla scuola trasmetterli, per questo la scuola è garanzia di civiltà.
La scuola garantisce democrazia perché fornisce i saperi che mettono in condizione di partecipare.
Per partecipare ci vogliono tre capacita: capire la realtà, saperla interpretare, sapere formulare proposte di modifica. Il che implica capacità linguistiche, conoscenze storiche, geografiche, politiche, economiche. Senza queste capacità la democrazia non si esercita: si è pupazzi nelle mani dei ciarlatani che posseggono i giornali e le televisioni.
Non a caso, l'obiettivo perseguito da una certa destra autoritaria è la demolizione della scuola per poter esercitare l'autoritarismo dietro al paravento della democrazia apparente.
Affinché la scuola possa assolvere a queste funzioni ci vogliono alcune condizioni descritte in Lettera a una professoressa:
1. Deve essere universale, ossia deve essere aperta a tutti come sancisce l'articolo 34 della Costituzione.
Quando i costituenti affermarono questo principio, probabilmente pensavano agli emarginati del loro tempo: i figli dei montanari, dei mezzadri, dei disoccupati. Oggi gli emarginati sono altri, principalmente gli immigrati. Pertanto se la scuola vuole essere in linea con la
costituzione deve spalancare le porte a tutti, indipendentemente dal paese di origine, dalla lingua parlata in famiglia, dal colore della pelle, dal permesso di soggiorno dei genitori. Il diritto allo studio non può discriminare fra clandestini e regolari. Tutti i bambini hanno diritto a studiare per il solo fatto di esistere.
2. Deve essere accogliente, nel senso che deve permettere a tutti di sapere.
Oggi la scuola assomiglia più a un tribunale che a un luogo di apprendimento. E' organizzata più per giudicare che per insegnare. Questa è la stortura di una scuola improntata alla meritocrazia.
E' tempo di affermare che a scuola ci si va per imparare e che il suo obiettivo deve essere quello di di mettere tutti in condizione di sapere. La scuola deve entrare nell'ordine di idee che quando un ragazzo non riesce non va liquidato con un quattro.
Questa è la soluzione più comoda, quella che assolve la scuola e condanna i ragazzi.
La scuola deve convincersi che se i ragazzi non sanno non è colpa loro, ma della scuola che non si è impegnata abbastanza.
Rifarsela con i ragazzi perché non sanno è come prendersela con i malati perché non guariscono.
La scuola deve chiedersi perché il ragazzo non riesce, deve chiedersi dove ha sbagliato, deve chiedersi quali iniziative particolari devono essere prese e non ha preso. Non deve darsi pace finché non ha recuperato anche lultimo della classe.
3. Deve essere motivante nel senso che deve dare la motivazione per studiare.
Solitamente la scuola dà come stimolo l'arrivismo e il tornaconto personale. Ma non funziona, perché l'egoismo non fa parte dei giovani.
I giovani sono generosi, i vecchi sono egoisti e pur di imporre questo sentimento, la scuola dei vecchi fa scattare il ricatto del voto: se non studi ti metto quattro.
A Barbiana la motivazione per studiare era la politica intesa nel senso più nobile del termine. Non politica come gestione del potere, ma politica come partecipazione per gestire tutti insieme l'organizzazione della polis, della città, della comunità.
In Lettera a una professoressa, sta scritto: Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica,
sortirne da soli è l'avarizia. La politica per uscire tutti insieme dalle situazione che non vanno e costruire tutti insieme un mondo migliore: più equo, più pacifico, più pulito. Questa è la motivazione giusta per studiare.
4. Deve essere attuale nel senso che deve intrattenere sui temi del tempo presente, perché il suo scopo deve essere quello di formare dei cittadini sovrani.
Formare dei cittadini sovrani è un'arte difficile perché gli strumenti che deve fornire non sono i saperi, ma le capacità. Fra la trasmissione dei saperi e la costruzione delle capacità passa la stessa differenza che c'è fra dare un pesce e insegnare a pescare.
Troppo spesso la scuola si attesta sui saperi perché è la soluzione più semplice. La grammatica, la matematica, la fisica, la chimica, la storia che si ferma a cinquanta anni fa non presentano dubbi di interpretazione o lati nuovi da scoprire. I saperi sono assodati, addirittura mummificati, non hanno bisogno di essere elaborati, ma solo trasmessi senza costringere gli insegnanti alla fatica di pensare, ricercare, mettere in mostra le proprie lacune e le proprie incertezze, come quando debbono aiutare i ragazzi ad esprimersi, ad argomentare, a capire, ad interpretare, a giudicare.
Una scuola concepita come palestra di approfondimento, di discussione, di partecipazione è faticosa perché non può fare ricorso a manuali o a libri di testo. Espone costantemente l'insegnante al nuovo, all'imprevisto e all'imprevedibile perché nessuno sa quale piega può prendere il confronto, quali argomentazioni emergeranno, quali obiezioni verranno avanzate, quali giudizi verranno espressi.
Ne viene fuori una scuola dove i ruoli non esistono più, perché non cè più un insegnante e degli allievi, ma un gruppo di persone con età diverse, esperienze diverse, sensibilità diverse, bagagli culturali diversi che si confrontano su temi, realtà e verità più grandi di ogni singolo partecipante.
L'insegnante assume le vesti del fratello maggiore che in virtù della propria esperienza e delle proprie conoscenze, fornisce gli elementi di comprensione, insegna i segreti della ricerca, svela i tranelli della disinformazione, addestra all'elaborazione di pensiero, conduce il dibattito alla luce dei valori, aiuta a fare intravedere gli scenari futuri e le soluzioni possibili.
Futuro. ecco un'altra parola chiave della scuola democratica. La scuola dei saperi tiene la faccia rivolta al passato e spesso al passato remoto, perché il suo obiettivo è il mantenimento dello status quo.
La scuola della sovranità popolare, invece, la tiene rivolta al futuro, perché il suo scopo è formare dei ragazzi che sappiano individuare e risolvere i problemi del loro tempo. Per questo la scuola deve concentrarsi sull'attualità con tre obiettivi di fondo:
1) fare capire le ragioni, gli interessi, le concezioni, i meccanismi che hanno portato alla situazione presente;
2) le conseguenze possibili nel medio e lungo periodo:
3) le possibili soluzioni.
E' triste constatare come a distanza di 40 anni, Lettera a una professoressa sia ancora più attuale di prima, perché la scuola sta tornando indietro. Sta diventando di nuovo classista, autoritaria, selettiva.
Solo la partecipazione può interrompere questo processo reazionario. Serve un'opposizione unita e tenace formata non solo da professori, genitori e studenti, ma di tutti i cittadini, perché la scuola è un fatto di tutti. Un bene comune da salvaguardare con cura perché la società del domani dipende dalla scuola di oggi.
Gli interventi di alcune insegnanti su Elbareport mi fanno pensare che forse loro vedono le cose da un punto di vista individuale, come madri di un figlio/figlia a cui la famiglia, bocciato o passato, garantirà comunque la possibilità di arrivare fino alla laurea.
Noi abbiano sempre visto la scuola dalla parte degli ultimi e oggi stanno tornando alla grande, considerato un tasso di abbandono
scolastico del 15-20%. Il problema è la scuola per chi e per che cosa. Lettera a una professoressa è più attuale che mai.
Francesco Gesualdi