SANDRO PERTINI
Dimora Pertini Piccoli - presidente onoraria del Circolo Culturale Sandro Pertini dell'Elba
(1)MEMORIA DI DIOMIRA PERTINI NIPOTE DI SANDRO PERTINI, CONCESSA AL CIRCOLO PERTINI DELL'ISOLA D'ELBA
11.1.2006
"Vidi zio Sandro per la prima volta nel 1945 quando avevo 11 anni.
La mamma ventiduenne morì quando avevo 10 mesi e fui allevata dalla nonna materna che abitava a La Spezia.
Quando avevo 10 anni il papà Eugenio volle tenermi un po' con sé a Genova e ricordo quei due mesi che rimasi con lui come un periodo meraviglioso.
Ricordo un papà cordiale con tutti, generoso, affettuosissimo.
Ben presto, però, mi mandò presso una famiglia di S.Ilario con il pretesto che c'era un'aria migliore. La verità, invece, era un'altra.
Egli non si era mai interessato di politica; mentre zio Sandro, durante il periodo fascista , fece vent'anni tra confino e carcere.
Un giorno, però venne a sapere che suo fratello era stato fucilato a Regina Coeli, a Roma. Così si buttò anch'egli nella propaganda antifascista e fu per questo che mi aveva mandato a S.Ilario.
Zio Sandro doveva veramente essere fucilato, ma ci fu un blitz, organizzato dal professor Vassalli e da altri amici, che lo liberarono, insieme a Saragat e qualche altro. Zio Sandro raccontava che Nenni aveva detto: "L'importante è che liberiate Saragat, Pertini è abituato al carcere!".
Zio Sandro si sentì sempre responsabile della morte di mio papà, il quale era il fratello a cui era più affezionato, perché li dividevano solo due anni di età ed erano stati al ginnasio insieme dai salesiani a Varazze. In quella città una scuola ora porta il nome di Eugenio Pertini.
Dopo una settimana che ero a S.Ilario, bellissimo paesino con vista mozzafiato su Nervi e Riviera, andai a Genova a trovare il papà, come da accordi presi. Mi accompagnava una figlia di questa famiglia.
Trovammo il papà al bar Pretoria e insieme percorremmo una piccola parte di via XX settembre (la via principale di Genova) per recarci al solito ristorante.
Papà aveva appena ordinato il risotto, quando entrò un'anziana maestra di pianoforte, sua amica, seguita da una bionda delle SS. Intanto, sulla porta del ristorante, si metteva un uomo con la rivoltella puntata in avanti. Papà capì subito e cercava di tergiversare. L'amica diceva: "Eugenio, Eugenio!", mentre la SS lo invitava ad uscire, perché doveva parlargli.
Il papà la seguì, ma tornò subito al tavolo, dove ero io, chiedendo di dargli un po' di tempo, perché doveva salutare la sua bambina.
Ad un certo punto pose sul tavolo i pochi soldi che aveva nel portafoglio, mi baciò, lo presero per un braccio e lo portarono via.
La sala da pranzo era rettangolare, con la porta della cucina dalla parte opposta all'ingresso. Forse il papà sperava da lì di poter fuggire, ma non fu possibile.
L'anziana pianista fu lei che condusse le SS da mio padre e fu portata anch'ella in Germania da dove però tornò.
Io rimasi in pianto con la mia giovane accompagnatrice.
Nel pomeriggio speravamo che papà tornasse. Ci recammo più volte a casa e al bar, ma inutilmente. Così tornammo a S. Ilario. Seppi poi che il papà fu portato alla Casa dello studente di Genova, dove, per farli parlare usavano le torture più varie, quindi fu portato al carcere di Marassi, poi a Fossoli (Modena), al campo di Balzano e infine a Flossenburg, in Germania, dove morì fucilato il 25 aprile 1945.
Scrisse due volte alla famiglia che mi ospitava dicendo che mi tenessero e mi volessero bene, che al suo ritorno li avrebbe ricompensati.
Intanto avvenne la Liberazione e incominciava ad apparire sui giornali il nome di zio Sandro.
I signori che mi avevamo in custodia, attraverso il partito socialista italiano, lo informarono che c'era questa nipote di cui lui non conosceva l'esistenza.
Venne a trovarmi un giorno con zia Carla e promise che presto sarebbe venuto a prendermi e così fu.
Da allora si prese sempre cura di me e mi voleva bene proprio come ad una figlia.
Durante il periodo scolastico studiavo in collegio e nelle vacanze passavo lunghi periodi con lui e zia Carla e con altri parenti.
Sono tanti i ricordi che serbo dello zio, si è sempre preoccupato della mia vita e di quella della mia famiglia. Negli ultimi anni della sua vita ci vedevamo meno. Ma quando tornava dal periodo di vacanza a Selva Val Gardena, non mancavano mai di fermarsi qualche ora con me e con la mia famiglia a Verona.
Diomira Pertini Piccoli