Virginia dopo aver ottenuto la laurea magistarale in scienze della pace ( metteremo nel sito la sua tesi di laurea) è stata assunta da Il Tirreno come collaboratrice, perciò ha avviato un percorso che potrebbe portarla a diventare giornalista in futuro. Ed anche per questo mette in curricolo anche uno stage in Ghana di 4 settimane e ci manda i suoi soliti diari, come ha fatto dal Congo, Ruanda, Madagascar e Senegal.


ECCO I SUOI DIARI DAL PIU' RECENTE AL PIU' VECCHIO

 

Diario 5
Ultima settimana ad Accra e ultima settimana al Daily Graphic! Da lunedì il traffico sembra notevolmente aumentato e si trova tantissima polizia in giro per la città.
Lunedì mattina appena arrivata ho trovato dei giornalisti che stavano uscendo e mi sono aggregata. Sono andata in tribunale con Ann, sperando di trovare qualcosa da scrivere; siamo state tutta la mattina alla corte per le violenze basate sul genere ma non abbiamo trovato la nostra storia.
Quando siamo arrivate c'erano già delle persone che aspettavano e via via venivano portati gli imputati, tutti uomini, per la maggior parte molto giovani e con le mani ammanettate davanti al corpo. Li facevano sistemare su una lunga panca appoggiata al muro, sul lato destro della stanza mentre sulle altre panche, quelle su cui eravamo sedute anche io e Ann, c'erano tutti gli avvocati ma anche dei parenti che entrando ammiccavano l'imputato che cercava di rimanere impassibile.
Il giudice si distingueva da tutti gli altri anche senza la toga perché aveva un colletto applicato sulla camicia bianco con due strisce lunghe che scendevano.
Quando hanno iniziato a chiamare gli avvocati si avviavano nella stanza del giudice mentre due uomini senza divisa toglievano le manette agli imputati e li accompagnavano nell'ufficio.
L'attesa era estenuante per tutti, molte persone dormivano appoggiate da una parte mentre via via gli imputati entravano dal giudice e uscivano dal tribunale ammanettati. Purtroppo la giornata è stata infruttuosa perché tutti i giudizi sono stati “in camera” quindi non abbiamo assistito; inizialmente ci avevano detto che qualcuno sarebbe stato pubblico ma poi il giudice ci ha detto che si era pronunciato solo su casi in cui l'investigazione era in corso perciò i dettagli non potevano essere resi pubblici.
La struttura in cui si trova adesso il tribunale è in legno e muratura ma deve essere molto vecchia, viste le condizioni. Intanto accanto ne sorge una ultramoderna e bellissima che stanno ultimando per trasferire tutto lì.
E' sorprendente il grado di sviluppo e il ritmo con cui sorgono nuovi cantieri qui nella capitale.
Mentre tornavamo con il tro tro in ufficio, ho assistito a una novità per me: il predicatore!
Un uomo è salito insieme al ragazzo che prende i soldi dai passeggeri e si è sistemato vicino alla porta con la bibbia in mano, ha parlato un po' mentre nessuno sembrava dargli ascolto, dietro di me c'era anche un uomo musulmano. Ma poi ha iniziato a cantare e le persone sedute dietro di me si sono unite a lui in una preghiera in cui l'unica cosa sacra per me era il soffio delle voci che si univano armoniosamente colorando l'aria. Sono rimasta assorta ad ascoltarli per tutto il viaggio, quasi non sarei voluta scendere per non perdere la sensazione di un tepore esoterico.
A casa c'è una nuova ragazza, credo sia la figlia di amici di Favour perché ci ha detto che per un po' i suoi genitori non ci saranno perciò vive con noi. Dorme su uno dei divani perché nella stanza di Favour c'è solo un letto in cui dormono in due o dorme uno solo quando l'elettricità non c'è, a causa del caldo. Sabato hanno comprato e installato il generatore ma lo stiamo usando poco perché fa tantissimo rumore e la notte non riescono a dormire loro che ce l'hanno a parete, oltre il fatto che consuma tantissimo quindi quando è acceso stiamo tutti nella stessa stanza per tenere accesa solo una luce e un ventilatore. Per Favour però è importante perché ha intrapreso una nuova attività commerciale, da qualche giorno ha iniziato a cucinare per i dipendenti di alcune banche perciò ha bisogno di conservare i cibi nel frigorifero e quando di giorno manca la corrente, con il generatore, non rischia che gli alimenti deperiscano.
E' esausta, alle 6 è già in cucina, dove la ritrovo quando rientro a casa verso le 18, ma dice di essere felice perché è impegnata e perché il lavoro le concede una maggiore sicurezza economica. Ha due ragazze che l'aiutano ma sopratutto portano il cibo a destinazione e solo ogni tanto cucinano con lei.
Intanto Bobo ha cambiato scuola perché, nonostante le lezioni private che continua a prendere, il livello di preparazione della scuola vecchia era molto basso e nella nuova scuola invece di essere in quarta, è entrato in terza. Qui le classi scolastiche funzionano in base all'età ma anche al grado di preparazione, sopratutto perché se un bambino è abbastanza sveglio da poter entrare a scuola prima, lo accettano nonostante non abbia ancora raggiunto l'età scolastica. E' un grosso incentivo per chi ha il potenziale per continuare gli studi perché permette di finire prima e quindi entrare prima nel mondo del lavoro.
Lunedì mentre tornavo a casa dal lavoro, sul tro tro un uomo anziano ha iniziato a parlarmi. Mi ha chiesto se fossi cattolica, domanda ormai consueta, e mi ha detto che lui è presbiteriano. In Ghana la comunità cattolica è enorme ma in generale, aldilà della religione, sono tutti molto credenti e devoti; al contrario, di tutti i volontari incontrati, non ce n'è uno che sia credente, ognuno di noi si definisce ateo o agnostico e la cosa può sembrare curiosa a chi crede che si presti il proprio lavoro e il proprio impegno gratuitamente perché è un gesto di carità. Qui nessuno compie un atto di fede, nessuno aiuta il prossimo in cerca del paradiso o della redenzione per i propri peccati; qualcuno è qui per vivere un'esperienza unica, qualcuno è qui per scoprire come vive l'altra metà del mondo, qualcuno è semplicemente qui perché crede nella forza del dono e chi è qui per questo tornerà a casa con la certezza che quando si dona tutti noi stessi, si riceve qualcosa di inestimabile.
L'uomo, che da cattolico è diventato presbiteriano, voleva parlare con me che non aspettavo altro che un uomo di fede per sbrogliare la mia curiosità riguardo all'idea dell'omosessualità e così abbiamo iniziato a parlarne. Quando ho iniziato a lavorare al giornale mi è stato chiesto, anche negli articoli in cui era richiesto un commento, di non pronunciarmi in modo fortemente critico contro il Paese e sono stata avvertita che in Ghana l'omosessualità non è ben vista e, anche se non esistono leggi che la proibiscono – come se fosse un'azione che le persone possono scegliere di compiere o meno – è un tabù per cui di non esprimermi al riguardo e che non avrei incontrato persone omosessuali per strada. Il signore sul tro tro insieme a me ha confermato questa teoria perché mi ha detto di non avercela con gli omosessuali ma che se un uomo sta insieme ad un altro uomo significa che è posseduto da Satana, oltre al fatto che diventa inutile perché solo dall'unione di un uomo e di una donna si genera la vita, motivo per cui esistiamo. 
A casa con Sanne abbiamo riso di questo colloquio, come facciamo quando lei racconta le numerose discussioni con il medico dell'ospedale in cui lei lavora che dice che lei deve crede in Dio perché così la sua mano verrà guidata da Dio mentre lei ribatte che lei vuole imparare e conoscere la scienza medica per aiutare le persone. Lui sostiene che solo in Dio possiamo trovare tutte le risposte ma poi si contraddice quando qualcuno muore, talvolta nell'attesa di essere curato, e lui non si chiede il perché semplicemente perché Dio ha le sue ragioni.
Lavorare in certe realtà e forse semplicemente viverle senza alternative deve essere duro in un modo che non possiamo concepire dall'altra parte del mondo e sicuramente la fede aiuta ma talvolta, come in questi casi, rappresenta un limite pericoloso. Dire che in una persona omosessuale si nasconde Satana significa temere il diverso al punto di ostracizzarlo o peggio, crede di essere guidati dalla mano di Dio e attendere significa non essere efficienti, non fare niente per cambiare le cose, significa negare il libero arbitrio! Ovviamente queste sono solo due persone tra tante quindi non possiamo credere che la maggior parte delle persone la pensi come loro, possiamo solo osservare quanto sia difficile, ancora oggi, trovare un equilibrio tra la vita di una società civile e quella di una comunità religiosa.

DIARIO 4 10.2.15

 

VIAGGIO A KUMASI: IL MERCATO  E LA CERIMNOIA DI UN  FIDANZAMENTO

 

Sabato siamo partite per Kumasi, la vecchia capitale del Ghana. Siamo uscite di casa alle 6 per incontrarci con altri tre volontari ma arrivati alla stazione dei bus il caos era talmente tanto che non siamo riusciti ad incontrarci e siamo partiti con due bus diversi. Il bus che abbiamo preso era grande e confortevole, con aria condizionata e la tv che per tutto il viaggio è stata sintonizzata su delle soap opera ghanesi. Il biglietto è costato 34 cedi, circa 9 euro, e in 5 comode ore siamo arrivata ad Asafo Station dove un uomo, appena scesa dal bus, mi ha chiesto come mi chiamassi e quando gli ho detto il mio nome mi ha presa per un braccio e ha detto: “Se sei Virginia, vieni con me!”. Mentre mi tirava per un braccio e io cercavo di spiegargli che ero con altre persone, lui sventolava una mazza che aveva in mano per farsi strada tra la folla ed io ero talmente concentrata su come svincolarmi da non accorgermi che mi stava portando dagli altri volontari che erano arrivati poco prima di noi.

STAZIONE DEI BUS

Una volta insieme ci siamo diretti verso l'hotel che Sanne aveva chiamato due giorni prima per prenotare ma ovviamente erano pieni e non avevano preso la prenotazione perché non avevano la certezza che andassimo. Provare a prenotare una camera sembra un'impresa impossibile in questo paese!

Così ci siamo spostati verso un altro hotel che avevamo chiamato ma ovviamente anche lì, una volta arrivati, dopo aver spinto il taxi che si era fermato ed averne poi preso un altro, ci hanno detto che non c'era posto: sembrava uno scherzo.

Alla fine siamo riusciti a trovare un albergo in pieno centro e ci siamo sistemati tre in una camera e quattro nell'altra con il quarto letto, il mio, arrangiato con un materasso a terra.

La struttura era talmente incastonata nel caos del centro di Kumasi che a malapena si capiva che dentro vi fosse un albergo e sul retro del ristorante si mischiava con negozi e con il mercato che si snoda per le vie della città.

 

 LA CITTA' DI KUMASI

Non abbiamo avuto molto tempo per visitare Kumasi ma siamo riusciti a vedere la cosa più importante: il mercato!

A primo impatto tutto la città sembra un enorme mercato dove non hai neanche il tempo di posare l'occhio su qualcosa che la fiumana ti ha già portato più avanti ma poi da piccole e buie vie trasversali si può entrare nel vero mercato, fatto di cunicoli stretti che si intersecano e dividono i vari settori: abbigliamento, calzature, alimentari.

Quando siamo usciti era già pomeriggio inoltrato perciò molti banchi stavano chiudendo ma alla fine è stato un bene perché già così sembrava caotico, non oso immaginare la calca presente la mattina.

 

Sopra il mercato di Kumasi si erge un ponte moderno che sembra uscito da un film americano; il suo color acciaio frastorna a guardarlo mentre sovrasta una scia di colori accesi e di odori acuiti dal caldo e dallo smog. Lì ci siamo fermati per fare delle foto dall'alto ma un uomo ha iniziato a gridare contro di me senza spiegarmi il perché, anche se era chiaro che non volesse che fotografassi, ma subito sono arrivati tre ragazzi sconosciuti che lo hanno portato via.

 

La sera siamo andati a cena in un ristorante indiano fuori dal centro, nella zona più nuova della città, e a seguire ci siamo fermati in una specie di pub sulla strada. Accanto al locale c'era una discoteca a cielo aperto in cui mi sarei persa perché anche chi sta fermo qui balla! Le persone hanno qualcosa dentro che le rende musicali, un'essenza diversa, come se il soffio da cui è nata la loro vita fosse musica.

Il giorno dopo è stato il grande giorno! Eravamo convinti di andare ad un matrimonio ma in realtà abbiamo presenziato alla festa di fidanzamento, alla consegna della dote.

Tom, il ragazzo inglese anche lui volontario qui con Project Abroads, è arrivato in Ghana ad ottobre per scoprire e vivere il paese della famiglia di Regina, ghanese di origine ma nata e cresciuta a Londra dove si sono conosciuti circa tre anni fa.

Arrivare alla casa di famiglia di Regina è stata una mezza impresa perché si trova a circa 20 minuti dalla città dove la periferia non ha strade ma si snoda tra le baracchine dei commercianti e le piante di platano. Qui siamo stati accolti come la famiglia di Tom che era solo per l'occasione ma aveva noi pronti a fare le veci dei parenti!

I GENITORI

La famiglia di Regina è la tipica famiglia inglese e non ghanese ma è stato bello vedere l'armonia di due culture che s'incontrano, del passato e del presente che si uniscono per abbracciare il futuro.

I futuri sposi erano vestiti in modo semplice ma la camicia di Tom era stata creata con la stessa stoffa dell'abito di Regina, mentre i tre anziani che presenziavano la cerimonia avevano la veste tipica ghanese con le scarpe della stessa stoffa.

I FINDANZATI CHE INDOSSANO UNA VESTE SIMILE E GLI AMCI (VIRGINIA ULTIMA A DESTRA)

Di fronte alla casa, in una specie di corte, ci hanno fatto sedere a ferro di cavallo intorno agli anziani e un uomo ha condotto la cerimonia interpellando i vari attori che hanno parlato. Tom è arrivato con le donne della sua famiglia che lo seguivano portando doni per la famiglia della sposa, ovviamente per l'occasione la famiglia siamo state noi ed è stato emozionante accompagnarlo in un momento così importante della sua vita.

                                                                   SI PORTANO I DONI

Le parole del padre di Regina per Tom sono state bellissime, ha detto che dà sua figlia a colui che ormai da anni è suo figlio e si poteva percepire la gioia e l'affetto con cui pronunciava queste parole guardando il futuro genero che timidamente lo guardava a intermittenza, schiavo della commozione.

C'è stato un attimo di stupore tra noi stranieri, Regina compresa, quando il padre ha consegnato loro la bibbia, dopo che Tom aveva messo l'anello al dito della futura sposa, ha detto che lì avrebbero trovato tutte le risposte alle domande sulla vita matrimoniale e che il marito è il capo della famiglia perciò ogni decisione deve avere il suo benestare. L'affermazione ci ha scosso, uomini compresi!

ANCORA I FESTEGGIAMENTI PER LA CERIMONIA DI FIDANZAMENTO

Dopo questa parte è stato chiesto alle persone delle due famiglie di dire qualcosa, allora la nonna di Regina ha preso la parola e ha detto che l'unica cosa davvero importante per la vita matrimoniale è la comunicazione, che qualsiasi cosa accada, qualsiasi problema investa la coppia o uno dei due loro dovranno parlarne, scontrarsi talvolta, ma solo così sapranno sempre cosa pensa l'altro e potranno condurre una vita felice insieme. Credo che nessuno di noi si aspettasse tanta praticità dalla nonna, nonostante il suo aspetto giovanile e il portamento fiero delle donne che conoscono la loro forza e hanno trovato il loro posto.

Per Tom ha parlato Alex, volontario australiano che ha convissuto un mese con lui, che ha detto di aver percepito l'amore che lega Tom a Regina per la forza dell'esperienza che ha scelto di fare nonostante ciò lo costringesse a non vederla per bene tre mesi; dopo ha preso la parola Fynn, il coordinatore di Projects Abroad in Ghana e anche lui ha regalato delle dolci parole ai giovani.

Prima della conclusione il padre della sposa ha preso nuovamente la parola e ha detto che adesso Tom è suo marito ma anche suo fratello e l'amico che avrà accanto per la vita. E' stato emozionante percepire il desiderio dei presenti di consacrare la promessa tra i due ragazzi e ascoltare le parole che hanno rivolto loro sempre con una profonda nota di affetto e desiderio di vederli felici insieme.

Dopo la cerimonia è iniziata la festa e più tardi è stato il momento per noi di tornare ad Accra. Abbiamo dovuto aspettare un po' prima di partire e avevamo paura di perdere la finale della Coppa d'Africa; arrivati in una stazione di servizio abbiamo assistito allo spettacolo di macchine e pick up usati come spalti per vedere la partita nel maxi schermo dietro al chiosco che arrostiva carne e pesce per gli spettatori.

Non appena siamo scese ad Accra siamo corse a vedere la fine in un locale vicino casa e mentre passavamo con il taxi di fronte ad Oxford Street, la via principale, abbiamo ammirato un numero indefinito di persone sedute sul prato della grande rotonda, tra le statue e i cartelli pubblicitari, guardare la partita in uno degli schermi usati per la pubblicità e ci siamo emozionate per le grida suscitate dal giocatore che si apprestava a tentare un goal. Purtroppo il Ghana ha perso all'undicesimo rigore, sbagliato dal portiere della squadra africana, e la nostra serata si è conclusa per strada, al buio, camminando verso casa anziché cantando per la gioia della vittoria.

DIARIO 3 di virginia 5.2.15

La mia terza settimana in Ghana è iniziata con lo scandalo dell'orfanotrofio di Bwajiase, uscito lunedì sul giornale, dopo che una giornalista si era infiltrata per sei mesi all'interno della struttura. “Care' less”, questo il nome del fascicolo contenente l'inchiesta, ha portato alla luce abusi di ogni tipo come violenze sessuali, gravidanze e aborti perpetrati all'ombra dell'orfanotrofio che insieme alla scuola rappresenta la residenza di Bwajiase.

Martedì era indetta la conferenza del ministro alla difesa delle donne e dei bambini per illustrare alla stampa quali saranno i provvedimenti che lo stato intende prendere. La scuola di base, facente parte della residenza, ospita attualmente 120 ragazzi di cui solo 41 sono quelli dell'orfanotrofio e tra cui dovrebbero esserci le vittime di violenze e abusi.

Le immagini riprese nella scuola mostrano insegnanti che picchiano i ragazzi ma la parte peggiore delle violenze avveniva di notte, motivo per cui finora era stato difficile riscontrarle.

Le persone arrestate fino a questo momento sono cinque, tra cui anche la fondatrice della residenza infantile e una giovane donna che lavorava nella nursey dell'orfanotrofio.

Il ministro ha dichiarato che attualmente sono circa 6000 i bambini in orfanotrofio tra Accra e Kumasi e ha aggiunto che le residenze chiuse negli ultimi due anni, per inadeguatezza delle risorse e dei servizi forniti, sono ben 68.

In seguito allo scandalo, è stato deciso che i bambini di Bawjiese verranno reintegrati nelle loro famiglie, mentre gli orfani verranno spostati in altre strutture o adottati. Nelle residenze infatti vivevano anche numerosi bambini che hanno ancora i genitori ma questi non possono prendersi cura di loro.

Nonostante le pressanti domande dei giornalisti, la commissione d'investigazione del caso, presente alla conferenza stampa, non ha rilasciato dichiarazioni dettagliate sulle violenze perpetrate, per proteggere l'identità dei bambini e la loro serenità futura.

 

UN MOMENTO DELLA CONFERENZA STAMPA

Martedì, presa insieme a Salomè dalla stesura dell'articolo, ho fatto tardi ma ho goduto comunque di ottima compagnia nella pausa pranzo ed ho addirittura assaggiato il Waley, un piatto composto da riso, pasta, spaghetti e groppa di mucca, il tutto servito su delle grandi foglie che servono a insaporire il piatto. Un signore mi ha spiegato che per le pietanze che, come questa, vanno mangiate con le mani, bisogna usare solo la mano destra, mai entrambe le mani o la sinistra: si tratta di un tabù culturale!

Mercoledì è uscito l'articolo riguardante lo scandalo ed è stato il mio primo articolo firmato sul Daily Graphic.

    L'ARTICOLO DI VIRGINIA

Intanto lunedì è arrivato un ragazzo tedesco, Fred, per fare uno strage come il mio ma con un'altra organizzazione. Anche lui si è confessato perplesso riguardo all'andamento del lavoro e sono quattro giorni che lo vedo seduto a leggere il giornale. Mi hanno fatto ridere le sue domande perché è disorientato quanto lo ero io a causa del passaggio dalla nostra routine di frenesia a quella ghanese, in cui si trova il tempo per far tutto e non si corre mai.

Mercoledì in città era una giornata da panico, c'era un traffico mai visto e Sanne, la mia coinquilina olandese che lavora in ospedale, ha dovuto aspettare quasi un'ora un tro tro perché alla stazione di Apapa non ce n'erano.

Qui lungo le strade i venditori ambulanti sfidano il traffico salendo e scendendo dai marciapiedi ogni qualvolta le auto si fermino in coda e vendono veramente qualsiasi cosa: cibo, calze, ricariche telefoniche, batterie, bibite.. Agli angoli delle strade si trovano anche delle donne che cambiano i soldi e hanno dei tavoli molto piccoli sui quali mettono delle piccole pile di monete.

 

UNO SCORCIO DELLA CITTA'

Durante le numerose attese di mercoledì mattina sul tro tro, l'autista ha trovato anche il tempo di pulire le sue scarpe dal fango, scuotendole rumorosamente fuori dal finestrino, per poi indossarle tra una sosta e l'altra. Mi ha fatto sorridere perché ho pensato a me stessa l'estate che per non fare tardi finisco di prepararmi in macchina al semaforo mentre vado a lavoro, o esco con l'asciugamano in testa perché non ho avuto tempo di asciugarmi i capelli.

In redazione ci sono numerose ragazze che svolgono il “national service”, una specie di servizio civile per cui lavorano ma vengono pagate dallo stato. Alla fine di questo anno possono decidere se continuare gli studi oppure entrare definitivamente nel mondo del lavoro. Molti dei ragazzi che lavorano come giornalisti però aspirano a diventare addetti alle pubbliche relazioni per poter guadagnare di più, perciò la maggior parte di loro tornerà a studiare alla fine di questo anno.

Ad Accra inoltre si trova la prima scuola di giornalismo e pubbliche relazioni di tutta l'Africa, il Ghana Institute of Communication, uno dei più prestigiosi corsi di comunicazione del Paese.

Nonostante il ritmo del lavoro qui per noi sia lento, gli stabili che appartengono al Graphic Communication Group sono enormi e si compongono anche di un'officina per le auto usate per portare i giornalisti alle conferenze stampa e una stazione di servizio privata.

L'aspetto a cui forse ero meno preparata riguardo al lavoro è quello dell'abbigliamento, infatti mi è stato chiesto di firmare un foglio in cui mi impegnavo a non portare abiti aderenti o scollati che potessero creare distrazioni sul posto di lavoro, ma neanche uno stile casual che invece è concesso il venerdì, il “casual friday”, perché è l'ultimo giorno lavorativo della settimana.

 

VIRGINIA E SANNE CON  DEI MAGNIFICI BIMBI

SECONDO DIARIO DI VIRGINIA DAL GHANA

 

 

Giunta ormai al termine la prima settimana di lavoro, venerdì insieme a Maja e Sanne, le mie coinquiline, ed Alex, un volontario australiano che vive anche lui ad Accra, siamo partiti per Cape Coast.
Da Labone, la zona in cui si trova la nostra abitazione, abbiamo preso un taxi fino a Kanishi, stazione da cui partono numerosi bus, tra cui quello per Cape Coast.
Arrivati a Kanishi siamo investiti dalle urla degli autisti che cercano di riempire il loro van velocemente per poter partire perciò ognuno ti chiama, proponendo il suo prezzo e dicendosi meglio degli altri perché magari arriva in centro o un po' più vicino a dove devi arrivare. Alla fine siamo saliti sul van che ci avrebbe portato a destinazione.
Il viaggio è stato esilarante perché i ghanesi non sono degli ottimi guidatori ma, nonostante ciò, vanno velocissimo e azzardano sorpassi impossibili. Per arrivare abbiamo impiegato circa tre ore perché abbiamo trovato molto traffico ma eravamo tranquilli perché le ragazze avevano prenotato due camere in una guesthouse; il caso però ha voluto che non ci fosse posto, nonostante la prenotazione, perciò da lì abbiamo deciso di procedere a piedi per raggiungere Tj, una volontaria canadese che vive lì.
Mentre a piedi, con i nostri bagagli, ci dirigevamo verso la strada principale, in mezzo alla campagna dove ogni tanto scorgevamo una casa, la corrente è andata via e anche quella poca luce che ci guidava, ci ha lasciato. Per caso e per fortuna siamo arrivati in circa 15 minuti in un ristorante vicino alla via principale e lì abbiamo potuto incontrare Tj che ci ha fatto da guida.
La casa dove abita questa ragazza si trova nella parte della città più movimentata e ha addirittura un generatore appartenente al complesso abitativo perciò la corrente è garantita anche se non si può dire lo stesso per l'acqua, la cui scarsità è un problema comune a tutto il paese.
Alla fine abbiamo raggiunto un locale sulla spiaggia, dove abbiamo anche dormito perché ristorante e ostello, ma solo la mattina ci siamo accorti della meraviglia in cui c'eravamo casualmente imbattuti. Infatti la nostra stanza era proprio di fronte alla spiaggia, aprendo la vista sull'oceano e la sua implacabile ira che lo porta ad infrangersi senza tregua sulle rocce e sulla battigia esausta.
Dalla spiaggia si poteva vedere il castello di Cape Coast, fondamentale durante il periodo della tratta degli schiavi perché il più importante tra i 37 forti disseminati lungo la costa e concentrati in soli 500 km.
La prima giornata a Cape coast è trascorsa al Kakuma National Park, dove abbiamo fatto la canopy walk, percorso famoso perché, attraverso una serie di ponti è possibile vedere tutta la foresta dall'alto e provare l'ebbrezza di essere sospesi quasi nel vuoto. Infatti i ponti, fatti di legno e corda, sono molto stretti e permettono il passaggio di una sola persona alla volta, oltre ad essere molto mobili perciò danno un'idea di instabilità che a momenti fa davvero paura. Purtroppo le escursioni guidate vengono effettuate in gruppi di circa venti persone e finiscono per essere molto rumorose, impedendo così ai visitatori di avvistare gli animali presenti nel parco.
Sulla strada del ritorno ci siamo fermati nel santuario dei coccodrilli, a circa mezz'ora da Cape Coast, dove si può facilmente avvistare e addirittura toccare i coccodrilli. Infatti qui gli animali convivono pacificamente con la popolazione che li nutre e li avvicina senza paura.
Vicino alla cucina del piccolo ristorante una donna stava dando del pesce ad un coccodrillo rifugiatosi all'ombra e quando ci siamo avvicinati ci ha mostrato la docilità dell'animale che si è lasciato toccare da tutti noi increduli di fronte alla cosa. Accanto all'alligatore in questione si trovava quello che apparentemente ci era sembrato il cadavere di un altro coccodrillo ma in realtà l'animale era vivo, era semplicemente immerso in un sonno profondo nell'attesa che la sua pelle abbia completato il ciclo di rinnovamento, motivo per cui il corpo sembrava in decomposizione: stava cambiando pelle!

 

ECCO VIRGINIA CHE ACCAREZZA IL COCCODRILLO

La giornata si è conclusa a Cape Coast, dove nel tardo pomeriggio abbiamo fatto una passeggiata arrivando nella parte più viva del paese, dove si trovano i banchi che vendono pesce e ogni genere alimentare, dove è possibile vedere i bambini giocare rincorrendo un copertone e casualmente ci si imbatte in qualche momento di vita domestica. Sulla strada che collega la parte del paese sviluppata sull'oceano e il castello si trova la Baobab Foundation, una casa apparentemente che svolge numerose attività per i propri bambini: dal servizio ristorante con cucina vegetariana e vegana, sopratutto a base di moringa, con cui fanno succhi e pietanze, alla vendita di prodotti tradizionali, dai cosmetici a oggetti di legno o borse confezionate con i sacchetti dell'acqua che rappresentano la maggioranza dei rifiuti prodotti in Africa. L'idea di riciclare le buste dell'acqua mostra un aspetto interessante del paese che, tra quelli che ho visitato, è quello con meno problemi legati allo smaltimento dei rifiuti e mette in risalto il fatto che il Ghana goda di un livello di sviluppo superiore a molti paesi del continente africano.
Il lavoro fatto da questa fondazione è importante perché hanno creato un vero e proprio progetto chiamato Baobab School Project che prevede il pagamento della scuola per i bambini che non possono permetterselo, inoltre, coloro che lavorano alla fondazione producendo oggetti artigianali o svolgendo alcune delle numerose attività, hanno la possibilità di apprendere un mestiere e capire il mondo del business, oltre a studiare. L'obiettivo della Boabab Children Foundation è essere indipendente da aiuti esterni e questo è il tipo di cultura che andrebbe insegnato in Africa affinché il continente si liberi dell'assistenzialismo e dello sfruttamento occidentale da cui è afflitto.
Il secondo giorno a Cape Coast è stato all'insegna della storia e questo paese porta il fardello dello schiavismo, in quanto rappresentava il punto migliore per le tratte dei mercantili che inizialmente trasportavano solo merci, poi iniziarono a trasportare schiavi.
Il Cape Coast Castle è maestoso per la sua grandezza che lo vede dividersi tra i magazzini dove venivano tenuti gli schiavi per mesi e mesi senza nessuna norma igienica, nudi e schiacciati come bestie, obbligati a vivere in mezzo agli escrementi, al buio, e la parte superiore che era dedicata ai coloni, agli uffici e alle abitazioni. La fortezza aveva anche una cittadella al suo interno, dove vivevano i soldati e dove adesso si trovano delle bancarelle che vendono souvenir.
La struttura prevedeva anche delle celle per punire i sovversivi, cioè coloro che si rifiutavano di dormire o tentavano la fuga, e la particolarità, dalle atroci sfumature, è che in questo edificio esistevano solo celle per le donne. Infatti gli uomini subivano punizioni corporali, mentre le donne venivano chiuse in celle in cui non potevano stare in piedi e non avevano neanche uno spiraglio di luce: era una pena psicologica.
Sotto la fortezza ci sono dei pozzi, da cui veniva presa l'acqua che serviva sia per mangiare che per lavarsi, e giro giro sotto le mura si snoda il percorso degli schiavi per raggiungere la porta di non ritorno. L'ingresso a questo corridoio sotterraneo prevede un salto di circa due metri, in modo che nessuno potesse cercare di passarvi per tornare indietro.
La porta di non ritorno, è l'unico elemento che sembra riportare alla realtà perché oggi, dietro a quella porta, non si trova più la morte o una vita di pene, oggi aprendo quella porta si viene inebriati dal caos di un villaggio di pescatori, immersi tra i colori dei drappi appesi alle barche e quelli delle reti che i pescatori lavorano in riva al mare.
E' inimmaginabile quello che vivevano gli schiavi, prelevati da paesi come la Guinea e la Sierra Leone, trasportati per settimane e poi costretti per mesi a vivere in condizioni disumane aspettando un atroce destino di cui non avevano nessuna idea.
Dentro i magazzini a stento si sta in piedi a causa dell'umidità e sono state installate delle luci perché le finestre non sono sufficienti per vedere dove mettere i piedi. All'interno di queste stanze oggi si trovano corone di fiori portate come dono per le vite che lì sono finite o semplicemente hanno perso la loro umanità per andare a morire lontano, in un paese sconosciuto e ostile.
Il castello di Elmina, molto suggestivo e dall'architettura varia a causa degli usi posteriori al periodo dello schiavismo, è articolato intorno ad una corte al centro della quale c'è un edificio oggi adibito a museo. La zona che più colpisce in questa fortezza è ancora una volta quella che riguardava il trattamento delle donne, infatti i magazzini in cui venivano tenute le donne avevano una specie di cortile in cui le facevano uscire per lavarsi e al di sopra c'è un balcone da cui i portoghesi potevano scegliere la donna da usare per il sesso, facendola passare da una botola collegata direttamente alle stanze padronali.
A Elmina il tunnel in cui venivano fatti passare gli schiavi per essere caricati sulle navi non raggiunge la “porta di non ritorno” come per Cape Coast Castle ma si conclude con un passaggio così stretto che oggi solo un bambino potrebbe passarci. Quest'apertura, in origine di grandi dimensioni per far passare le merci, fu chiusa per impedire la fuga e fu fatta il più piccolo possibile, calcolando che dopo tre mesi di prigionia, con un solo pasto al giorno, gli schiavi sarebbero stati così esili da poterla attraversa.
Tutta la fortezza inoltre era sovrastata da cannoni e circondata da un fossato dove oggi crescono delle palme e l'acqua non trova più dimora.
La cittadina di Elmina, appena 15 minuti fuori Cape Coast, non gode della fortuna delle città e si presenta proprio come un piccolo villaggio di pescatori dove colori e rumori fanno da padroni seppure resti spazio per la povertà che è difficile scorgere in altre zone del paese. Qui infatti, più che a Cape Coast, s'incontrano persone che chiedono denaro, anche se sempre per sostenere un progetto o per pagare la retta scolastica, non chiedono mai denaro senza spiegare come verrà impiegato.
Tornando verso Cape Coast per raggiungere il resto del gruppo e tornare ad Accra, nel tragitto in taxi, il Ghana ha segnato il secondo goal contro l'Algeria che gli è valgo la qualificazioni alla finale della coppa d'Africa e le poche auto per strada hanno iniziato a suonare in segno di vittoria. E' buffo come lo sport ci avvicini tutti, sembrava di essere in Italia per i mondiali, e nel locale in cui abbiamo raggiunto i nostri colleghi c'erano persone di tutte le nazionalità unite dalla passione per il calcio.
Il viaggio di ritorno verso Accra è stato meno immediato dell'andata perché nella stazione centrale c'erano tantissime persone in attesa di un bus o di un van, perciò abbiamo aspettato circa due ore e visto partire ben quattro van senza che ci fosse posto per noi ma è stato bello aspettare, scorrendo sulle panche che girano intorno alla scrivania dell'uomo che fa i biglietti, via via che la fila procedeva. Alla fine abbiamo preso un bus che è arrivato a Kanishi in circa due ore, grazie alla poca affluenza per le strade la sera, e così il nostro weekend a Cape Coast è finito lasciando spazio ad una nuova settimana di lavoro!

 

IL DIARIO DI VIRGINIA N° 1 DAL GHANA

 

Arrivata in Ghana a notte fonda. Uscita dall'aereoporto sono stata baciata al tepore africano. E' strana la sensazione che ho provato, una sensazione di familiarità, come se fossi arrivata in un posto che già conosco in qualche modo.

La casa di Miss Favour, la donna che mi ospita, è molto molto accogliente e qui si può definire una casa da ricchi, anche se non siamo esonerati dagli imprevisti del posto come la mancanza di acqua e di elettricità. La corrente elettrica viene data a zone nella città di Accra, quindi c'è solo a giorni alterni, in determinati orari. Uffici e ospedali hanno i propri generatori per poter svolgere il lavoro senza interruzioni.

In casa con me ci sono altre due ragazze, entrambe hanno ventuno anni e sono alla loro prima esperienza in Africa. Maja è qui per uno stage in giornalismo e collabora con una televisione locale, viene dalla Danimarca e ha scelto la permanenza di un mese. Sanne, viene dall'Olanda, è qui per uno stage in campo medico, perché studia per diventare infermiera e la sua permanenza in tutto sarà di 15 settimane, anche se le ultime due girerà il paese con la sua famiglia che la raggiungerà per poi tornare a casa insieme.

In casa con noi poi c'è anche Bobo, il figlio di Miss Favour, che ha dieci anni e riempie le nostre serate con la sua esuberanza. Ogni mattina dice di dover essere a scuola alle 6:30 ma quando noi usciamo verso le 7:15 lui è sempre in giro per la casa a temporeggiare.

La mattina entriamo anche noi nella fiumana umana che popola le strade delle città e che è moderata fino a che il sole è alto, poi aumenta in modo esponenziale. Per arrivare a lavoro ci vuole circa un'ora alternando tratti da percorrere a piedi e tratti di strada in cui è possibile prendere i tro tro, mezzi privati che fanno la funzione degli autobus con fermate in punti ben definiti.

La struttura in cui si trova il Daily Graphic è enorme e divisa a seconda delle redazioni che in tutto sono sei perché il giornale ha anche una versione settimanale, una per i bambini, una economica, una sportiva e altre interessanti rubriche che vengono prodotte separatamente dal quotidiano.

In tutto gli edifici tra cui si snoda il Graphic con tre: l'edificio in cui vengono stampate le copie del giornale, l'edificio in cui si trovano le redazioni e quello degli uffici amministrativi che si trova vicino alla mensa per il personale e al deposito dei mezzi aziendali con cui si muovono i giornalisti.

I primi giorni sono stati improduttivi a causa di problemi burocratici interni alla redazione ma poi il lavoro è partito e il primo giorno è stato molto soddisfacente. Il mio primo servizio è stato sulle kayayo, le donne che trasportano le merci a pagamento in grandi contenitori che poggiano sulla testa. Insieme ad un'interprete che parla twi, ho intervistato diverse donne, prima a Thomas station, dove si trova il più grande mercato a cielo aperto di Accra, e poi a Kokoma market, dove ha preso parte all'intervista anche un uomo seduto accanto alle kayayo. A Thomas Station ho conosciuto Jamina che mi ha raccontato la sua storia e mi ha mostrato i tatuaggi che ha sulle braccia come segno di riconoscimento, nel caso le succedesse qualcosa, perché la vita delle kayayo è molto pericolosa: costrette a vivere da sole, lontane dalle famiglie che si trovano a nord del paese, e a dormire e lavarsi per strada. A Kokoma market la situazione è leggermente migliore perché sono stati creati dei chioschi per far dormire le kayayo; ogni chiosco costa tra i 3 e i 5 cedi(Circa 1€) e sarebbe per una persona sola ma non tutte possono permettersi di pagare questa cifra perciò a volte arrivano ad essere anche 15 donne in un solo alloggio.

 

Nel pomeriggio siamo stati alla conferenza stampa del progetto “I imagine Ghana”, un nuovo progetto che vede lavorare in concerto Unicef, Unione europea e Race 4 healt rivolgendosi ai bambini.

La città di Accra è molto grande e dislocata in modo discontinuo. Le principali zone d'interesse sono la vecchia Accra, dove si trova anche la piazza dell'indipendenza con l'arco con la stella nera, simbolo del paese; la zona che si estende dal Circle fino a Graphic road, dove si trova la sede del giornale; e Oxford street che è la via principale in cui si trovano negozi, centri commerciali e tutti gli ambulanti che vendono oggetti per i turisti.

Nel finesettimana dovremmo spostarci a Cape coast, famosa per la tratta degli schiavi, per poi tornare ad Accra per una nuova settimana di lavoro.

 

ecco alcune foto (presto le metteremo)

 

 

CIRCOLO CULTURALE SANDRO PERTINI dell’isola d’Elba Presidente onoraria Diomira Pertini

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