PROSEGUE LA COLLABORAZIONE CON L'ITCG CERBONI DI PORTOFERRAIO GRAZIE ALLA PROF.A GISELLA CATUOGNO, NOSTRA SOCIA, NOTA POETESSA E SCRITTRICE, MA ANCHE AGLI ALTRI DOCENTI E ALLA DIRIGENTE CECCHERINI.
SEGNALIAMO QUESTO INTERVENTO CHE POI SI TROVA ANCHE NEL NOSTRO FORUM DEI GIOVANI DEDICATO AL TEMA DEL RAZZISMO IN ITALIA
ECCO IL LORO PROGETTO D'ISTITUTO SUL TEMA INTEGRAZIONE E PENSIERI DEGLI ALUNNI
Istituto Tecnico Commerciale “G.Cerboni” Portoferraio
Progetto sulla Legalità e
l’Immigrazione
Classe IIIA Igea
Dirigente
Grazia Ceccherini
Docenti di riferimento
Anna Maria Contestabile
Maria Gisella Catuogno
Anno scolastico
2009-2010
Il barcone della nostra vergogna
Georges Simenon , nel suo Mediterraneo in goletta o Mare nostro, diario di bordo del 1934, si lambicca il cervello per dare una definizione esaustiva del Mediterraneo: lo definisce“tela dipinta di blu” e poi “viale” per il suo ruolo di crocevia di merci e di popoli; fino ad approdare alla conclusione che il Mediterraneo è… “un insieme di golfi”, dove Eolo, il dio del vento, detta legge e fa filare con le vele gonfie o inchiodare con la bonaccia, a seconda del suo capriccio, chi ha l’impudenza di affidarsi a lui, salvo poi offrirgli pietoso riparo in qualche rada o caletta protettive.
Oggi, forse, lo scrittore dovrebbe scervellarsi meno per definire il Mare nostro, perché esso, almeno in un suo tratto, quello tra l’Africa e i primi barlumi d’Europa, ossia la Sicilia e in particolare Lampedusa…è un cimitero.
Chi dal cuore del continente nero, o da altre parti martoriate del mondo, fugge dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni, dalla disperazione, dopo aver prosciugato tutti i propri risparmi e aver percorso una ad una tutte le stazioni della sua personale Via crucis, per poter lambire il tanto agognato Mediterraneo, che cosa trova ad attenderlo?
Il dramma di un viaggio in condizioni inenarrabili, stipato in un barcone schiena a schiena col proprio compagno; un sole feroce sopra la testa; i pochi viveri e l’acqua dolce che prestissimo finiscono; l’impotenza di assistere all’agonia di chi è meno resistente; lo strazio di buttare a mare chi non ce l’ha fatta, per sete, disidratazione, fame, ustioni, sfinimento: amico, marito, moglie, figlio, figlia.
E quel mare, senza un sussulto, inghiotte tutto, si chiude per sempre: su progetti, affetti, speranze, sull’insensibilità dei morti e l’angoscia dei vivi. E nel frattempo, mentre si consumano in quel miserevole spazio, simili tragedie, che cosa succede intorno? L’acqua è solcata da natanti di ogni tipo con vacanzieri spensierati a bordo, belli, abbronzati, noncuranti, indifferenti, cinici, disumani…Ci si diverte, ci si cosparge di crema, si fa il bagno; se si avvista qualcosa, e è impossibile evitarlo, si gira la testa altrove – chi ce lo fa fare? quante seccature! ma non è reato soccorrere clandestini!?-…
Non solo non si soccorrono gli affamati gli assetati, i bisognosi di misericordia ma nemmeno si avverte della loro presenza: Non si sa mai!!
E così, dei settantotto eritrei sfuggiti all’inferno, in diritto di chiedere asilo politico, se ne salvano cinque, che raccontano l’indifferenza verso la sofferenza e la morte.
Anche questa è l’Italia del 2009.
Persino la sacra legge del mare, antica di millenni, coeva all’inizio stesso della navigazione, che IMPONE IL SOCCORSO a chi si trova in difficoltà (poi, a terra, ci si confronterà con le leggi) è disattesa, così come l’umanità e la pietà
A questo è giunta la nostra deriva culturale e morale, il prevalere degli interessi sui valori, il consumismo, il velinismo, l’escortismo, accettati e praticati invece della solidarietà, della condivisione, dell’accoglienza, della carità cristiana.
Elbareport, agosto 2009
Il sogno di Titti
Titti è la sola donna sopravvissuta del barcone dei 78 migranti: viene dall’Eritrea, ha 28 anni, ha assistito alla morte di compagni e compagne. Giunta in Sicilia disidratata, è stata ricoverata all’ospedale Cervello di Palermo, dove le tempestive cure l’hanno salvata. A lei è dedicata la poesia che segue
Titti sognava l’Italia: era una soldatessa
in Eritrea e questo l’ha salvata:
la Sawa, durissima, l’ha temprata
l’ha resa forte come l’acciaio.
Ha imparato la fame e la sete
violenze d’ogni tipo e questo
l’ha salvata, quei ventun giorni in mare.
Forte come l’acciaio, scura come l’ebano
due laghi d’occhi che narrano l’orrore.
Titti sognava l’Italia e ce l’ha fatta.
La sola donna, non le tre compagne.
Loro portavano un bimbo in seno:
per questo venivano da noi.
Non guerre, non violenze, non patimenti
avevano promesso ai loro figli:
per questo venivano da noi.
La via crucis in Sudan e mesi in Libia
come e dove non si crederebbe: tutto
pur d’attraversare quel canale
e d’arrivare in Italia, antica madrepatria.
Azzurro il cielo, azzurro il mare:
calmo e accogliente, un olio quasi.
Ma anche l’azzurro può essere l’inferno
e il sole più spietato di quello del deserto.
Acqua e cibo solo per pochi giorni.
-Qualcuno ci soccorrerà
passano navi, passano barche
non possono non vederci…
Help, help, help…-
Non hanno più voce e braccia
e in cuore la speranza
comincia evaporare
come la pelle mangiata
dal sale e dal calore
come il cervello, che ha allucinazioni.
Quei tre bimbi, dentro il grembo
non ce la fanno più:
-E’ questo quel che ci promettete
o madri sciagurate?
Meglio il buio del sole che ci cuoce.
Vogliamo tornare a essere
grumi di sangue rappreso
e niente più-
-E noi con voi, poveri figli
perdonateci, non sapevamo…
V’avevamo promesso un Paese
più bello di quello delle fiabe…-
Titti non aveva figli in grembo
e di questo ringraziava Dio
con tutto il suo ardore.
Ha spinto nel mare le sue amiche
col loro sangue
coi loro sogni spenti.
Ha comandato al suo cuore
di non cedere, di non schiantarsi
e ai suoi occhi di mangiarsi le lacrime
perché doveva vivere, doveva raccontare.
Titti è arrivata, Titti ce l’ha fatta.
Maria Gisella Catuogno
Relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.
“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti”.
“Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro”.
“I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.
“Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia”.
“Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”
Il contributo dei migranti all'economia italiana: il 9,2% del Pil
di Eleonora Castagnone
"Più di un milione lavora nei servizi, 951.028 nell’industria, 196.932 nella pesca e nell’agricoltura e 199.259 nel commercio. Gli immigrati sono una risorsa per il sistema economico italiano”. Questo è il messaggio di una campagna di sensibilizzazione sulla migrazione lanciata dall’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) e diffusa in queste settimane su mezzi stampa locali e nazionali.
Secondo Unioncamere (2008) il 9,2% del Pil italiano viene prodotto proprio grazie agli immigrati, mentre il loro impatto sul pagamento delle tasse (versano 1,87miliardi) e il loro maggiore tasso di attività (supera di 12 punti quello degli italiani) (Caritas, 2007) li rendono una risorsa sempre più irrinunciabile per l’economia italiana. Si tratta di una risorsa indispensabile specie per il Nord (v 10,8% del valore aggiunto), il cui contributo si concentra in particolare nel settore delle costruzioni (20%), dell’agricoltura (13,4%) e dell’industria manifatturiera (10,7%). L’iniziativa dell’OIM nasce con l’obiettivo di proporre un’immagine lontana dai luoghi comuni offerti dai media, fotografando invece una realtà spesso dimenticata dal punto di vista mediatico: quella del fondamentale ruolo svolto dai migranti nel panorama economico e sociale italiano. Nella società dell’informazione i mezzi di comunicazione rivestono un ruolo chiave per l’inclusione sociale dei cittadini migranti, sia rispetto alla rappresentazione che essi offrono della moderna società multiculturale, sia nella loro capacità di favorire pari opportunità di accesso e spazi adeguati alla pluralità delle sue componenti. Il continente africano in particolare risulta, secondo uno studio effettuato dal COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), di gran lunga il più colpito da forme di razzismo mediatico. Seguono, fra i gruppi maggiormente oggetto di episodi di razzismo e discriminazione, i cittadini romeni, i rom ed i sinti, nei cui confronti è andando sviluppandosi un processo di criminalizzazione che ne ha fatto il bersaglio di parole e comportamenti razzisti da parte di singoli individui, partiti politici e media. Fra i testimonial della campagna dell’OIM c’è la dott.ssa Kyenge Kashetu, medico di origine congolese che effettivamente esercita la propria professione in Italia e che rappresenta quella maggioranza silenziosa di immigrati che contribuisce in modo rilevante al buon funzionamento del paese, della sua economia e dei suoi servizi. La Campagna OIM è scaricabile sul sito dell' OIM Italia.
(da Agorà blog de Il Sole 24 ore)
Le vostre dune e piste di deserto
(agli immigrati africani)
Le vostre dune e piste di deserto
i vostri alberi e erbe di savana
i vostri cieli di fuoco e d’ambra fusa
il vostro tamburo di sole sopra il capo:
questo vedo nel vostro sguardo perso
oltre il gran mare
che tanti ne ha inghiottito.
E le gazzelle in corsa
le mandrie incalzate dalla sete
il sangue che condisce il fango
dei villaggi sconvolti dalle guerre
e la fierezza
che vi è sorella
anche quando bussate
carichi di merce e di fatica
alle nostre case
calde e inospitali
e non vi lamentate:
questo grida il vostro sguardo
scuro come la notte e il dolore.
Maria Gisella Catuogno
Pensieri sull’emigrazione, tratti da componimenti dei ragazzi della IIIA Igea
(gli interventi dei ragazzi sono visibili alla voce FORUM DEI GIOVANI NEL SETTORE DEDICATO AL TEMA DEL RAZZISMO IN ITALIA)