Dalla protesta spontanea alla possibile guerra civile

L'allarme di Amnesty

di Bijan Zarmandili

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Il Tirreno del 29.12.2009

ROMA. In una nota Amne­sty International condanna «l'ulteriore e del tutto evita­bile perdita di vite umane du­rante le commemorazioni dell'Ashura» e chiede alle au­torità di «garantire a tutte le persone che prenderanno parte, nei prossimi giorni, ad altre commemorazioni e a fu­nerali, il diritto di riunirsi pacificamente e di esprimere la propria opposizione nei confronti del governo». «La spirale di violenza è in au­mento e così la repressione» ha detto Hassiba Hadj Sa­hraoui, vicedirettrice del Pro­gramma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Trucidare 15 persone con bastonate, calci e pallot­tole nel giorno dell' Ashura in un paese sciita —il crimine commesso l'altro giorno dal regime islamo-mi­litarista di Khamenei-Ahma dinejad in Iran — è come ucci­dere per altre quindici volte l'Imam Hussein, il martire per eccellenza dell'islam scii­ta.

L'Imam Hussein è stato uc­ciso nel 680 perché difendeva i «Mostazefin», i diseredati. Da ieri i giovani uccisi nel corso di questa «Ashura di sangue» sono considerati martiri del­la nuova tirannia. Ma l'altro giorno in Iran è successo qual­cosa che va oltre una rievoca­zione di carattere storico e re­ligioso: l'opposizione contro Ahmadinejad ha cambiato tattica e da un movimento fin qui sostanzialmente di resi­stenza passiva si è trasformato in un movimento di resisten­za attiva, scontrandosi con le milizie Basiji e tenendo in ma­no per diverse ore il controllo di alcuni quartieri della capi­tale.

«Al Arabyia» da Teheran sostiene che il controllo di al­cuni punti nevralgici della città è sfuggito dalle mani del­le forze dell'ordine e mentre nello stesso tempo giungevano notizie su una sorta di am­mutinamento di settori dell'e­sercito e della polizia che si ri­fiutavano di sparare sulla fol­la.

Il problema che si pone og­gi è: il movimento che ha cam­biato la sua tattica di resisten­za quando cambierà anche la sua strategia politica e da fenomeno sostanzialmente in­terno al recinto del sistema islamico si modificherà in fenomeno extra sistema e chie­derà, non più democratizzazione della Repubblica islamica, ma il suo rovesciamento?

È già in atto un processo di questa natura e non a caso nelle piazze iraniane non si chiede più il ritorno alle urne per cancellare un voto giudicato truffaldino e manipola­to.

Gli slogan che il popolo ver­de grida nelle città iraniane dicono «Morte alla dittatu­ra», chiamando in causa, non solo Ahmadinejad, ma la Guida della rivoluzione, Ali Khamenei.

Il cambio di strategia da parte della base dell'opposi­zione necessariamente coin­volge la leadership della stes­sa opposizione, fin qui salda­mente rimasta nelle mani de­gli uomini del sistema, cioè di Mir Hussein Moussavi, Meha­di Karrubi, Mohammad Kha­tami e Hashemi Rafsangiani, tutti esponenti della vecchia guardia del khomeinismo. Sa­ranno ancora loro a guidare la protesta nel momento in cui cambia la natura della protesta e diviene antisistema? Ecco il più drammatico interrogativo che viene posto oggi e che rischia di far dege­nerare la rivolta in una guer­ra civile con la crescita della rabbia degli oppressi e l'au­mento della repressione.

Un ultimo problema riguar­da la solidarietà internazio­nale nei confronti del movi­mento verde, una sincera soli­darietà da parte delle società civile dei paesi occidentali. Tale problema sarà di diffici­le gestione quando quella soli­darietà verrà accompagnata da azioni concrete da parte delle autorità politiche occi­dentali (sanzioni economiche, intervento militare umanita­rio?) per arrestare lo stillici­dio della guerra civile stri­sciante e, magari, dare una ri­sposta definitiva ai piani nu­cleari iraniani.

Quella «solidarietà» infatti rischia di compromettere la stessa sopravvivenza dell'op­posizione.

CIRCOLO CULTURALE SANDRO PERTINI dell’isola d’Elba Presidente onoraria Diomira Pertini

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